Finisce la finzione dei due Putin
Da anni si fa finta per quieto vivere che esistano due presidenti russi, uno presentabile e uno aggressivo, ma tra bombe e avvelenamenti dell'intelligence russa in Europa non funziona più
A questo punto c’è da chiedersi se non è arrivato il momento di smettere di fare finta che esistano due presidenti russi Vladimir Putin. Perché questo è l’espediente grazie al quale va avanti molta diplomazia internazionale, troppo imbarazzata per cercare altre soluzioni. Si fa finta che esistano due Putin. Un Putin statista presentabile con il quale è necessario parlare di economia e di mercato e un Putin che ordina in sequenza operazioni molto aggressive contro l’occidente e contro i vicini – e però di questo secondo Putin “bad bank” si tende a parlare di meno, non è conveniente, è meglio minimizzare. Questa finzione è sempre meno possibile, l’Amministrazione Biden ci è arrivata per prima e cinque giorni fa ha imposto sanzioni dure. Si tratta con Putin, è il messaggio da Washington, ma senza farsi illusioni – come se le era fatte George W. Bush, che disse di averlo guardato negli occhi e di avere visto la sua anima. Può essere che allora fosse così, ma il Putin di adesso non è il Putin di quindici anni fa.
La polizia ceca ha scoperto che gli uomini che nel 2014 hanno fatto saltare in aria un deposito di munizioni destinate all’Ucraina sono gli stessi operativi dell’intelligence militare russa che nel 2015 hanno cercato di avvelenare in Bulgaria con un agente nervino il mediatore che si occupava di quella compravendita e che poi nel 2018 hanno avvelenato con lo stesso agente nervino il disertore russo Sergei Skripal. Quell’agente nervino ha mandato in ospedale un poliziotto inglese e ha ucciso una passante quattro mesi dopo (è potente perché è un’arma da guerra prodotta nei laboratori della Russia). E questo è soltanto un caso di incredibili leggerezze spionistiche venute fuori, quindi non abbiamo per nulla il quadro completo – che dev’essere più ampio, considerato che l’intelligence militare russa per anni ha usato le Alpi francesi come base per le sue operazioni (e lo abbiamo scoperto da poco grazie alle ricostruzioni). Ci saranno state missioni delle quali non sapremo nulla, ma il modello è questo. Putin fa saltare in aria un deposito di munizioni e tenta di ammazzare con un agente nervino bersagli selezionati perché fanno affari con un governo che non gli piace. I suoi servizi militari trattano l’Europa come i servizi israeliani trattano i traffici degli iraniani nel Golfo e come la Cia tratta i corrieri di al Qaida negli slum pachistani, con la differenza che noi non siamo nemici mortali, siamo interlocutori rispettosi e partner d’affari che lo rendono ricco. E tra un’operazione e l’altra Putin viene in Europa a visitare il Papa e a fare cene di stato, e in Italia – che a queste cose bada poco – il governo Conte voleva reinsediarlo nel G8 dal quale era stato estromesso dopo l’occupazione della Crimea.
Questo vale per l’estero. In Russia, Putin sta ammazzando lentamente il volto più noto dell’opposizione, Alexei Navalny, anch’egli avvelenato con un agente nervino, salvato per miracolo dai dottori tedeschi e poi gettato senza cure mediche in una prigione nota per i maltrattamenti e gli stupri – con il pretesto ridicolo che Navalny non si sarebbe presentato a un’udienza in tribunale che si è svolta mentre lui era in coma. Nel 2011 successe lo stesso a un avvocato, Sergei Magnitsky, che aveva svelato storie di corruzione e poi è morto di maltrattamenti in carcere. La legge americana che consente di imporre sanzioni contro chi vìola i diritti umani nel mondo porta il suo nome, Magnitsky Act.
L'editoriale dell'elefantino