Manca solo Di Marzio, ma l'estradizione degli ex brigatisti non avverrà prima di due anni
Ora che gli arresti sono stati decisi, le attenzioni sono già rivolte alle tempistiche necessarie per concretizzare le estradizioni in Italia: ci si prepara a un iter lento e intricato
Da una parte, c’è la corsa contro il tempo per trovare l’ultimo fuggitivo, l’ex membro delle Brigate rosse Maurizio Di Marzio, perché il prossimo 10 maggio scatta la prescrizione e sarà quasi impossibile dopo quella data applicare la condanna ai suoi danni emessa dalla giustizia italiana. Dall’altra, ci sono i tempi effettivi dell’estradizione degli ex terroristi di estrema sinistra arrestati nel quadro dell’operazione congiunta di polizie e intelligence francesi e italiane “Ombre rosse”: “Fino a due tre anni”, dicono dall’Eliseo.
Dopo un quarto di secolo di tensioni diplomatiche tra Roma e Parigi sul dossier degli ex brigatisti colpevoli di reati di sangue in Italia e rifugiatisi in Francia negli anni Ottanta, la decisione del presidente francese Emmanuel Macron di archiviare la pagina della cosiddetta “dottrina Mitterrand” è stata storica e salutata dal premier italiano Mario Draghi con “soddisfazione”. Ma ora che gli arresti sono stati decisi (ieri, ai sette fermati mercoledì mattina, si sono aggiunti anche l’ex membro dei Proletari armati per il comunismo Luigi Bergamin e Raffaele Ventura delle Formazioni comuniste combattenti: entrambi si sono presentati al Palazzo di giustizia di Parigi con i loro rispettivi avvocati per costituirsi, dopo essere sfuggiti alla retata di due giorni fa) le attenzioni sono già rivolte alle tempistiche necessarie per concretizzare le varie estradizioni. “Se c’è un opposizione all’estradizione e un utilizzo di tutti i mezzi di ricorso possibili la procedura sarà lunga”, hanno spiegato martedì dall’Eliseo. E siccome il rifiuto di estradizione da parte dei nove italiani, tutti condannati in via definitiva per atti di terrorismo commessi tra gli anni Settanta e Novanta, è scontato, ci si prepara a un iter giudiziario lento e intricato.
Dopo le misure cautelari decise ieri nei loro confronti dal procuratore generale della Corte d’appello di Parigi – tutti i coinvolti sono a casa da ieri sera, ma con gradi diversi di libertà vigilata – arriva il momento delle udienze. Gli ex terroristi, individualmente e con l’assistenza dei loro rispettivi legali, dovranno presentarsi davanti alla Chambre de l’instruction della Corte d’appello parigina entro dieci giorni. La Chambre, in seguito, avrà un mese di tempo per esprimersi sulla richiesta d’estradizione, esaminando caso per caso. Se emetterà una sentenza favorevole, gli avvocati della difesa avranno la possibilità di fare ricorso in Cassazione. In caso di convalida dell’estradizione anche nell’ultimo grado di giudizio, ci sarà un “décret d’extradition” firmato dal primo ministro e controfirmato dal ministro della Giustizia. Ma i legali degli ex terroristi rossi, che punteranno su cavilli tecnici e ricorsi formali per rallentare il più possibile la procedura, potranno opporre ricorso anche in questo caso presso il Consiglio di stato. Sarà quindi molto difficile che le estradizioni siano effettive prima di due anni. E non è detto che la magistratura francese dia il suo benestare a tutte le richieste, nonostante il clima, come dichiarato ieri dalla Guardasigilli italiana Marta Cartabia, sia “molto diverso” rispetto agli anni Ottanta, quando agli arresti, per volere politico, non seguirono le estradizioni.
L’urgenza, ora, si chiama Maurizio Di Marzio, condannato a quindici anni per diversi reati, l’ultimo latitante rimasto nel mirino dell’operazione “Ombre rosse”. Stando ad alcune fonti italiane sentite dal settimanale Obs, Di Marzio era uno dei principali obiettivi della retata di mercoledì mattina, in ragione della prescrizione imminente. Secondo le informazioni del Foglio, Di Marzio è il proprietario di una drogheria italiana situata vicino alla stazione ferroviaria Gare du Nord, nel Nono arrondissement di Parigi. In un evento organizzato nella suddetta drogheria risalente al 2019, si presentava come “enologo”. L’antiterrorismo francese ha una decina di giorni per rintracciarlo prima di una scadenza che darebbe molto fastidio a Roma.