La polizia di frontiera controlla i passeggeri in arrivo con un volo dalla Spagna all'aeroporto di Francoforte (Thomas Lohnes / Getty Images) 

Passaporto vaccinale oppure no? Come sarà l'estate dell'Ue

David Carretta

Parlamento e governi litigano sul certificato verde digitale che contenga i dati sulla vaccinazione, sui risultati dei tamponi o sulla guarigione dal Covid-19. I punti della discordia e l’articolo 10 

L’Unione europea vincerà la corsa contro il tempo per introdurre il certificato verde digitale sui vaccini entro giugno e salvare la stagione estiva? I negoziati tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Ue (l’istituzione che riunisce i governi) possono cominciare, dopo che i deputati ieri hanno adottato la loro posizione sulla proposta della Commissione di introdurre un certificato verde digitale che contenga i dati sulla vaccinazione, sui risultati dei tamponi o sulla guarigione dal Covid-19. Nonostante tutti siano mossi da buone intenzioni e dalla volontà di chiudere in fretta, nelle prossime settimane si annuncia un braccio di ferro tra l’Europarlamento e i governi. Ci sono alcuni dettagli che non piacciono ai deputati, particolarmente attenti su questioni come la sicurezza dei dati e la privacy. Si discute se escludere del tutto la possibilità di riconoscere i vaccini non autorizzati dall’Ema, come il russo Sputnik V e il cinese Sinopharm (usati in Ungheria). Ma il vero scontro sarà sulla ragion d’essere dello stesso certificato. E’ un passaporto vaccinale che consente di muoversi liberamente dentro l’Ue? Oppure è un semplice documento che raccoglie una serie di informazioni e gli stati membri potranno continuare a imporre alle persone che attraversano le frontiere test e quarantene, anche se vaccinate? Il cuore della questione è quella che si è posta sin dall’inizio della pandemia: l’Ue era una zona di libera circolazione senza frontiere, ma forti delle loro competenze sanitarie gli stati membri si sono ripresi il diritto di chiuderle a piacimento con restrizioni di ogni tipo.

 

 

La battaglia più importante si gioca attorno all’articolo 10 del regolamento. La posizione del Parlamento europeo è questa: “Dopo l’introduzione del certificato Covid-19 dell’Ue, gli stati membri non introducono né applicano restrizioni di viaggio supplementari, quali quarantena, autoisolamento o test per rilevare l’infezione da Sars-CoV-2”. Secondo il relatore Juan Fernando López Aguilar, “non possono esserci altre restrizioni alle frontiere per i detentori del certificano. Altrimenti non servirebbe a nulla”. Di fatto il Parlamento vuole un passaporto vaccinale, anche se non può chiamarlo “passaporto” per paura che diventi una condizione indispensabile per muoversi all’interno dell’Ue. Ma la posizione dei governi sull’articolo 10 è completamente diversa: gli stati membri sono liberi di accettare (o non accettare) il certificato e si riservano comunque il diritto di sottoporre a quarantena, autoisolamento o test obbligatori anche chi è stato vaccinato (o ha un test negativo o è guarito). Secondo la posizione del Consiglio, l’unico obbligo a carico dei governi deve essere “informare gli altri stati membri e la Commissione” delle restrizioni “se possibile 48 ore prima”.

 

 

La Commissione di Ursula von der Leyen si trova tra due fuochi. Il passaporto vaccinale era stato chiesto con insistenza da Grecia, Portogallo e Spagna per salvare la stagione turistica e un settore in una situazione catastrofica. Ma la Germania con altri paesi non vuole rinunciare alla possibilità di imporre quarantene e test a chi entra sul loro territorio, a prescindere dai vaccini. Tra Consiglio e Parlamento, la Commissione ha scelto la Germania. “Non è detto che un detentore di un certificato verde digitale potrà spostarsi in tutta Europa senza mai fare test o una quarantena”, ha detto ieri il suo portavoce, Eric Mamer: “La competenza in materia sanitaria è degli stati membri”.

 

La Commissione vuole anche evitare di farsi trascinare in un’altra disputa. Il Parlamento ha chiesto la gratuità dei test, al fine di evitare discriminazioni contro chi non è vaccinato e non può permettersi di pagare i tamponi. In Finlandia i test possono costare 250 euro, in Polonia 100, in Francia zero. Se i deputati si impunteranno sulla libera circolazione o la gratuità, il rischio è che il certificato verde digitale slitti a dopo l’estate. La minaccia di un rinvio è il principale atout dei governi e la ragione per cui gli osservatori ritengono che il Parlamento alla fine capitolerà.