Il ministro e le ombre
Dupond-Moretti e la denuncia della “curiosa moralità” del “vecchio goscismo”
La telefonata di due settimane fa tra il capo dello stato francese, Emmanuel Macron, e il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, è stata fondamentale per superare anni di incomprensioni e capricci diplomatici, e aprire, con l’avvio della procedura di estradizione per dieci ex terroristi italiani (Maurizio Di Marzio, ex membro delle bierre, è l’unico obiettivo dell’operazione “Ombre rosse” ancora in fuga), una nuova pagina di storia tra Francia e Italia, all’insegna dell’europeismo e della reciproca fiducia in materia giudiziaria. Ma se c’è una persona che ha convinto l’inquilino dell’Eliseo a sbloccare un dossier così imbarazzante per le diplomazie dei due paesi è Eric Dupond-Moretti, ministro della Giustizia del governo francese di origini italiane.
Il suo ruolo è stato decisivo nell’accelerazione della pratica, dopo innumerevoli richieste da parte di Roma rimaste inevase dagli anni Ottanta in poi. E secondo molti osservatori, le sue radici ben salde in Italia dal lato materno – Elena Moretti, la madre italiana, ha lavorato tutta la vita facendo le pulizie, crescendo da sola il piccolo Éric dopo la morte del marito operaio Jean-Pierre Dupond – vi hanno ampiamente contribuito. “Sono fiero di partecipare a questa decisione che, me lo auguro, permetterà all’Italia dopo quarant’anni di voltare una pagina della sua storia che è macchiata di sangue e lacrime”, ha dichiarato con toni solenni mercoledì scorso, nel giorno della retata che ha portato all’arresto di sette dei dieci ex terroristi rossi.
“Tra il 1969 e il 1980, periodo che in Italia viene chiamato ‘gli anni di piombo”, sono state uccise 362 persone da questi terroristi. 4.490 sono state ferite, alcune di loro molto gravemente”, ha aggiunto Dupond-Moretti durante la conferenza stampa. Su France Inter, domenica, si è spinto ancora più in là, in risposta all’indignazione di una parte dell’intellighenzia goscista parigina e alla presa di posizione del presidente della France insoumise Jean-Luc Mélenchon, che in un’intervista a Repubblica ha accusato l’esecutivo di “inutile vendetta”. “Noi avremmo accettato che uno dei terroristi del Bataclan, ad esempio, fosse andato a vivere per quarant’anni, tranquillamente, in Italia? Sì o no? Cosa dice il signor Mélenchon?”, ha chiesto ai microfoni di France Inter il ministro della Giustizia francese, denunciando la “curiosa moralità” del “vecchio goscismo” e sottolineando che “la lotta contro il terrorismo è una lotta europea”.
Poi, rivolgendosi a coloro che hanno difeso l’ex terrorista Cesare Battisti attualmente in carcere a Rossano, in Calabria, Dupond-Moretti ha aggiunto: “Cos’ha detto Battisti quando è arrivato in Italia? Che era colpevole di quei quatto assassinii, mentre qui da noi era considerato un innocente e tutti erano in ammirazione davanti a lui. Ha detto anche che il processo italiano è stato equo. Infine, ha affermato che se ne fregava di tutti quelli che lo avevano sostenuto, in particolare degli intellettuali di sinistra francesi e di alcuni grandi giornali”.
La madre Elena
Nel suo primo discorso da ministro della Giustizia, nel luglio dello scorso anno, scese anche qualche lacrima dagli occhi di questo uomo imponente quando rese omaggio a mamma Elena, lui che a tutti i costi volle aggiungere il cognome Moretti al francese Dupond, chiedendo e ottenendo la nazionalità italiana. La scorsa settimana, in un’intervista al Corriere della Sera, la guardasigilli italiana Marta Cartabia ha raccontato di aver percepito, fin dal primo colloquio con il suo omologo francese, “una chiara sensibilità alla portata storica e politica del problema, una partecipazione al dolore delle vittime e una netta determinazione a impegnarsi per porvi rimedio”. Ma la ministra ha evocato anche il possibile ruolo delle “origini italiane di cui Dupond-Moretti va molto fiero” nella svolta diplomatica che ha portato all’arresto e ora all’esame delle domande di estradizione da parte della Francia. La sfumatura che cambia la storia.
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