Sulla Manica
Baruffe anglo-francesi all'isola di Jersey, le Falkland della Brexit
Proteste dei pescherecci, navi da guerra, licenze di pesca negate. Confini e pesci sono il nodo irrisolto del divorzio. Bruxelles accusa Londra
Frontiere e pesci: se si va a guardare il negoziato sulla Brexit, tra cavilli, formule vaghe e molteplici mal di testa, si finisce sempre qui. Il primo divorzio in settant’anni di storia europea si riduce a una discussione sui controlli (o no) ai confini, quelli di terra e quelli di mare, e sulla pesca. Lo scontro di questi giorni tra Francia e Regno Unito nelle acque attorno all’isola di Jersey – centoventi chilometri quadrati di terra nel Canale della Manica sotto la giurisdizione della Corona britannica, famosa per le mucche (la razza Jersey), per i fiori, perché sostiene di essere la più soleggiata di queste isole normanne di grigio e vento e perché è un paradiso fiscale – ne è l’ultima dimostrazione. Per tranquillizzarci: lo scontro è finito, i cinquanta pescherecci francesi che hanno protestato davanti all’isola contro le condizioni imposte sulla pesca nel post Brexit sono uscite dalle acque dell’isola, così come la nave militare Athos mandata da Parigi per controllare. Il Regno Unito aveva inviato mercoledì due navi della marina britannica come “misura precauzionale” nel caso la situazione peggiorasse. Mentre le tv inglesi riprendevano l’arrivo dell’HMS Tamar e dell’HMS Severn sullo sfondo grigio d’ordinanza della Manica, si cercava il simbolismo più appropriato: c’è chi sottolineava la coincidenza tra l’invio delle petroliere e il bicentenario della morte di Napoleone, nemico storico dell’Inghilterra, e chi invece pensava che in fondo quest’isola del Canale molto più vicina alla costa francese che a quella britannica fosse la versione Brexit della guerra nelle Falkland.
Proprio la prossimità dell’isola di Jersey alla Francia aveva fatto sì che i francesi diventassero minacciosi: il 95 per cento dell’energia dell’isola arriva dalla Francia. Vi lasciamo al buio, hanno detto i francesi un paio di giorni fa. E’ stata questa minaccia che ha determinato la “misura precauzionale” del governo di Boris Johnson, assieme all’assembramento di pescherecci davanti al porto della capitale St Helier. Il ministero per gli Affari esteri di Jersey ha detto di portare pazienza, le nuove regole per la pesca sono ancora in via di implementazione ed è normale che ci siano degli intoppi, ma la ministra del Mare francese, Annick Girardin, ha detto che soltanto 41 dei 344 pescherecci che hanno fatto richiesta di continuare a pescare in queste acque hanno ottenuto la licenza, con orari e tempistiche decise arbitrariamente dal Regno Unito.
Bruxelles accusa Londra di aver violato l’accordo commerciale appena ratificato dal Parlamento europeo perché non ha dato alcun avviso preventivo delle condizioni che avrebbe imposto sulle licenze dei pescherecci, che sono il cuore della disputa sulla pesca nel negoziato Brexit. Per alcuni commentatori inglesi, Johnson ha voluto il suo momento Falkland perché oggi era Election day nel Regno e l’elettorato conservatore adora quando i suoi leader mostrano i muscoli, in modo così spettacolare poi. Michel Barnier, che ha negoziato l’accordo Brexit per l’Ue, ha pubblicato in Francia i suoi diari, “La grande illusion. Journal secret du Brexit (2016-2020)” in cui racconta quanto è stato difficile continuare a credere agli inglesi. A guardare la disputa di Jersey, viene da pensare che sarà difficile farlo soprattutto ora che la Brexit diventa realtà, alle frontiere e nel mare.