L'Ue spera nei ricollocamenti volontari. Il problema: ''la Libia non è la Turchia”
Gli arrivi non si fermano e l'Unione vorrebbe regolare i flussi a monte. Intanto, in Germania e Francia si preparano elezioni molto a destra
La Commissione europea ieri ha detto di non aver ricevuto ancora “alcuna promessa specifica” per il ricollocamento in altri stati membri dei migranti sbarcati a Lampedusa negli ultimi giorni, malgrado l’appello lanciato lunedì dalla commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, a dimostrare “solidarietà” all’Italia. I contatti con gli altri 26 governi “sono in corso”, ha spiegato un portavoce. La speranza è di ricostruire una coalizione di volenterosi: un gruppo ristretto di paesi che accetti le “relocation” volontarie, come accaduto nel 2018 e 2019, prima che la pandemia di Covid-19 frenasse gli sbarchi ma anche la ridistribuzione di migranti. “Mentre si continua a negoziare il nuovo Patto su migrazione e asilo, si dia una risposta urgente agli sbarchi in corso nel segno della solidarietà europea. La frontiera marittima italiana è una frontiera europea”, ha detto il sottosegretario Enzo Amendola. In una discussione al Consiglio Affari generali sul vertice europeo del 24 e 25 maggio, Amendola ha spiegato che c’è preoccupazione per i migranti che arrivano da Libia e Tunisia e che serve una risposta urgente. Tuttavia il governo italiano farebbe meglio a non farsi illusioni. In termini quantitativi le relocation volontarie non sono una bacchetta magica. Dal 2018 ci sono state varie fasi di ridistribuzione dei migranti. Prima quella dei bracci di ferro con l’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per consentire gli sbarchi dalle navi tenute in mare per giorni con la politica dei porti chiusi. Poi quella dell’accordo di Malta del settembre 2019, rivendicato come un successo da Luciana Lamorgese, perché avrebbe dovuto rendere permanente le relocation tra paesi volenterosi. I numeri parlano da soli. “Dal 2018 1.273 persone sono state trasferite dall’Italia verso altri stati membri”, ha spiegato il portavoce della Commissione. In pratica è la metà dei migranti sbarcati a Lampedusa nel fine settimana.
A Bruxelles e nelle altre capitali il numero di sbarchi è considerato per ora gestibile da un grande paese come l’Italia. La situazione non è paragonabile alla Grecia, dove i migranti che arrivano dalla Turchia sono rinchiusi nei campi sulle isole. Finché si tratta di misure simboliche, una decina di stati membri è disponibile a farsi carico di qualche centinaio di richiedenti asilo. Ma occorre tenere conto anche del contesto politico altrove. In Germania si va al voto in settembre, in Francia nell’aprile del prossimo anno. Dietro le quinte il governo di Angela Merkel ha lavorato per evitare che la questione migratoria potesse perturbare la campagna elettorale, in particolare spingendo per un nuovo accordo tra Ue e Turchia. Accettare di accogliere migliaia di migranti dall’Italia potrebbe rilanciare le sorti di AfD. La Francia rischia di mostrarsi ancor meno generosa rispetto al passato. Emmanuel Macron sta per entrare in una campagna elettorale che si annuncia molto a destra. Non c’è solo la concorrenza di Marine Le Pen. Ieri Michel Barnier, che aspira a diventare il candidato dei Republicains, ha detto di voler “sospendere l’immigrazione per 3-5 anni” (tranne studenti e rifugiati) e “discutere con i vicini sulla questione di Schengen”. Lo stesso Macron ha promosso l’idea di una “mini-Schengen” per escludere gli stati che non accettano la solidarietà, ma anche i paesi che lasciano partire i migranti con i movimenti secondari.
La strada di un maggiore coinvolgimento dell’Ue in Libia è già stata tentata con risultati alterni. “Se si vogliono salvare vite in mare, il modo migliore è prevenire le partenze”, ha ribadito ieri la commissaria Johansson. Su richiesta dell’Italia, l’Ue addestra la guardia costiera libica e finanzia le comunità locali. Dal 2014 l’Ue ha allocato circa 700 milioni per la Libia, di cui 450 milioni via il trust fund di emergenza per l’Africa. “Sosteniamo azioni per rafforzare la capacità di gestione delle frontiere con 57,2 milioni”, ha detto un’altra portavoce della Commissione: “E’ un progetto che viene messo in opera in cooperazione con il governo italiano”. Motovedette, gommoni, auto, bus, telefoni satellitari della guardia costiera libica sono finanziati dall’Ue. Le risorse in futuro dovrebbero aumentare. Nel periodo 2021-27 il bilancio Ue prevede circa 8 miliardi per le migrazioni e la gestione delle frontiere nei paesi terzi. Ma Bruxelles è confrontata a un problema maggiore: “la Libia non è la Turchia”, spiega al Foglio una fonte dell’Ue. Nelle attuali condizioni politiche a Tripoli, e in assenza di un sistema di gestione dei migranti che rispetti un minimo di standard internazionali, impossibile fare un accordo come quello con Erdogan.
L'editoriale del direttore