Siamo verdi, siamo Tory
Viaggio a Grimsby, città inglese che combatte il declino industriale con le pale eoliche. Nel 2019 è stata eletta una deputata conservatrice (ed euroscettica) che ci racconta la svolta ambientalista di Johnson
Cinquanta anni fa gli abitanti di Grimsby andavano ogni mattina al porto per pescare merluzzi e capesante. Oggi i loro figli vanno nello stesso posto per produrre energia rinnovabile. La città di Grimsby, che si affaccia sull’estuario dell’Humber, nel Lincolnshire, e che un tempo ospitava il più grande porto al mondo, sembrava condannata a un inesorabile declino industriale e alla crisi sociale. Gli anziani di Grimsby ricordano con nostalgia gli anni d’oro del porto, che dava lavoro – e orgoglio – a buona parte della città. Oggi i loro figli e nipoti spesso sono costretti a emigrare a Londra o nel ricco sud-est inglese per trovare un lavoro. Eppure gli investimenti nell’energia rinnovabile hanno dato una nuova vita a questa provincia dimenticata.
L’estuario dell’Humber, che separa lo Yorkshire dal Lincolnshire e confluisce nel Mare del nord, è uno snodo cruciale nella rivoluzione ambientalista proposta dal premier Boris Johnson, che ha promesso di trasformare il Regno Unito nell’“Arabia Saudita del vento”. Uno dei più grandi vantaggi è che l’Humber dista circa cento chilometri da Dogger Bank, un enorme banco di sabbia a metà strada tra Inghilterra e Danimarca nel mare del nord, che viene descritto come l’“El Dorado” dell’energia rinnovabile. Attorno a Dogger Bank l’acqua è molto più bassa delle zone circostanti – la profondità si aggira tra i 15 e i 36 metri – rendendolo un luogo ideale per la costruzione di parchi eolici che tra qualche anno dovrebbero produrre energia per tutta la Gran Bretagna.
Questi investimenti hanno innescato un circolo virtuoso che ha portato benessere e creato nuovi posti di lavoro. Il porto di Grimsby è stato riconvertito come centro di manutenzione del parco eolico e oggi impiega oltre 400 persone. Anche se i responsabili della struttura assicurano che l’indotto comporta un beneficio complessivo molto più ampio. “I primi parchi eolici sono stati costruiti circa dieci anni fa, e all’epoca i cittadini erano incuriositi da questo progetto ma ancora non avevano capito di cosa si trattasse esattamente”, ci spiega Emma Toulson, che lavora per Ørsted, una multinazionale danese delle energie rinnovabili che ha investito molto a Grismby. Negli ultimi cinque anni questo settore è cresciuto “oltre le aspettative” e ha creato nuove opportunità in tutta la regione. Un’altra multinazionale tedesco-spagnola dell’energia rinnovabile, Siemens Gamesa, ha investito trecento milioni per riconvertire il porto di Hull, una città sulla sponda opposta dell’Humber e storica rivale di Grimsby, in un centro di produzione di turbine, creando altri mille posti di lavoro. “Questo porterà un benefico notevole soprattutto per i giovani della zona, che finalmente potranno avere un lavoro sicuro e remunerativo a pochi chilometri da casa”, spiega Toulson prevedendo che “le energie rinnovabili daranno un impiego stabile a diverse generazioni, proprio come avveniva ai tempi della pesca. Siamo soltanto all’inizio e c’è ancora un grande potenziale di crescita. L’importanza dell’energia rinnovabile è destinata ad aumentare”.
Gli addetti ai lavori si aspettano un consistente incremento degli investimenti nei prossimi anni per raggiungere l’obiettivo del governo di generare 40 gigawatt di energia offshore entro il 2030 – attualmente ne vengono prodotti soltanto 10 – in modo da fornire energia pulita a ogni casa in Gran Bretagna. In aggiunta, l’ambizione di raggiungere le emissioni zero entro il 2050 richiederà una nuova rivoluzione industriale che trasformerà l’economia britannica, creando nuove eccellenze locali. “Ci aspetta un’altra rivoluzione in stile anni Ottanta”, spiega al Foglio Chris Stark, il presidente del Climate change committee (Ccc), l’ente indipendente che coordina le politiche del governo sul cambiamento climatico, che traccia un parallelo con le riforme thatcheriane. “La differenza più importante – aggiunge Stark – è che oggi il governo è in grado di pianificare i grandi cambiamenti economici che vedremo nei prossimi trent’anni, ad esempio riconvertendo le vecchie fabbriche del nord dell’Inghilterra. La transizione ecologica può essere uno strumento per colmare il divario tra nord e sud, che era stato acuito dalla rivoluzione economica precedente”.
La grande speranza è che la svolta ambientalista possa aiutare a portare a compimento il “levelling up”, il grande piano per rivalorizzare le aree che hanno patito il processo di deindustralizzazione avviato negli anni Ottanta che è al centro dell’agenda di Johnson, come si è visto dal discorso programmatico pronunciato martedì dalla Regina in Parlamento. L’Inghilterra è spaccata tra Londra e il sud del paese che si sono arricchiti e hanno in gran parte beneficiato delle opportunità della globalizzazione e le ex roccaforti industriali del nord, che invece non hanno retto la concorrenza con il resto del mondo e sono scivolate sempre più in basso. La disoccupazione a Grimsby è tra le più alte in Gran Bretagna (5,3 per cento), con tutti i problemi sociali che ne derivano. Gli ex pescatori passano le loro giornate al pub mentre i loro figli sono costretti a emigrare a sud per trovare un lavoro qualificato. Nel frattempo, molte attività commerciali hanno chiuso e lo spaccio di droga è aumentato a dismisura. Uno degli ultimi simboli degli anni d’oro, la poderosa fabbrica del ghiaccio che un tempo era la più grande al mondo e riforniva le flotte che partivano dal porto, ha smesso di funzionare negli anni Novanta ed è oggi abbandonata. La gente del luogo si lamenta che la lavorazione del pesce importato, uno dei pochi lavori rimasti a Grimsby, è stata presa d’assalto dagli immigrati dell’est europeo, alimentando un enorme senso di frustrazione che ha alimentato gli istinti populisti. Non è un caso che oltre il 70 per cento degli abitanti di Grimsby abbia votato a favore della Brexit, così come gran parte delle città vicine. Secondo la vulgata dominante, il declino della città è dovuto al sistema di quote imposto dall’Unione europea, che ha permesso ai pescatori francesi, danesi e olandesi di entrare nelle acque territoriali britanniche e sottrarre i merluzzi e i salmoni ai pescatori di Grimsby.
Dopo 74 anni di egemonia laburista, questo ex feudo rosso ha eletto nel 2019 la deputata conservatrice ed euroscettica Lia Nici, che vuole fare tornare la città al suo vecchio splendore. “Grimsby ha bisogno di rigenerarsi e creare nuove opportunità per colmare il vuoto lasciato dalla pesca – spiega Nici, un’ex giornalista locale i cui genitori sono originari di Marina di Pisa – Sono fiduciosa che le energie rinnovabili possano renderci di nuovo fieri di noi stessi”. Rispetto all’epoca della pesca, ci spiega Nici, gli investimenti verdi renderanno Grimsby meno dipendente da un’unica fonte di reddito e creeranno posti di lavoro qualificati.
I ragazzi nati a Grimsby generalmente emigrano dopo avere completato il liceo – l’università più vicina si trova a Hull – e molti di loro non ritornano più. “Se sei un giovane laureato, qui non c’è molto da fare. Un tempo avresti ereditato il peschereccio di tuo padre, ma oggi non è più possibile – racconta un giovane del luogo – Alcuni di noi ritornano soltanto per mettere su famiglia, dato che qui i prezzi delle case sono molto più bassi rispetto a Londra e al sud”. Tuttavia, la rigenerazione di queste aree potrebbe fermare l’emorragia dei giovani. Le aziende che hanno investito nelle energie rinnovabili hanno avviato dei programmi di formazione e degli apprendistati per i giovani, che al terzo anno iniziano a lavorare a tempo pieno. Lauren Little, una dipendente trentenne di Ørsted che è nata e cresciuta a Grimsby, spiega al Foglio che le energie rinnovabili possono riempire il vuoto lasciato dal settore ittico. “Spero che questa industria possa offrire un lavoro a padri e figli, come succedeva ai tempi della pesca”, racconta Lauren, la cui famiglia è una metafora dei cambiamenti degli ultimi anni. Lauren e il padre vanno ogni giorno al porto: lei lavora nelle energie rinnovabili, mentre il padre è uno degli ultimi superstiti del settore della pesca. Le aziende come Ørsted ricevono centinaia di candidature dai giovani locali, che “non sono solamente interessati a prendere uno stipendio a fine mese ma vogliono fare qualcosa di utile per la loro terra e allo stesso tempo contribuire a combattere il cambiamento climatico”. “Quelli che oggi sono apprendisti hanno un’intera carriera davanti a loro – spiega Lauren – e cresceranno assieme a una nuova industria, che diventerà sempre più importante. Dopo avere sentito parlare di declino fin da quando sono piccola, adesso il futuro sembra più luminoso e i benefici si iniziano a vedere in città. Sono stati costruiti nuovi alberghi e ristoranti. E’ impressionante pensare che tutto questo è stato raggiunto in soli dieci anni”.
Anche la deputata di Grimsby si augura che nel 2030 la sua città sarà molto diversa da oggi. “Sono ottimista sul fatto che torneremo ai livelli di cinquant’anni fa. Finalmente i miei elettori possono tornare ad avere fiducia e a essere fieri del luogo in cui vivono”.
Solo negli ultimi tempi i Tory hanno sposato l’ambientalismo, un tema storicamente appannaggio della sinistra metropolitana che da tempo ha smesso di votare per i Tory, come si è visto nelle elezioni municipali della scorsa settimana. Per anni i conservatori hanno avuto un pregiudizio verso tutto ciò che era verde. Claire Perry O’Neill, già consigliera del governo per il Cambiamento climatico, ha rivelato che Dominic Cummings, l’ex braccio destro di Boris Johnson, le disse che “la roba verde” non era altro che “un’ossessione dei signori posh nei seggi del sud”. Boris Johnson, che qualche mese fa ha liquidato Cummings su impulso della sua compagnia Carrie Symonds, un’ecologista conservatrice della prima ora, vuole dimostrare che questo luogo comune è falso. Se progettata nel modo giusto, la svolta ambientalista può favorire proprio quelle province dimenticate che hanno votato per i Tory per la prima volta, e che saranno un campo di battaglia cruciale nelle prossime elezioni.
Il primo ministro vorrebbe trasformare la Cop26, la conferenza annuale dell’Onu sul clima che si terrà a novembre a Glasgow, nel cortile di casa della premier scozzese e arci nemica Nicola Sturgeon, in una grande festa popolare sul modello delle Olimpiadi londinesi del 2012. Il premier, che per anni ha deriso e ridicolizzato le battaglie ambientaliste dalle colonne del Daily Telegraph, si è convertito alla causa ecologista anche per sottrarre uno storico cavallo di battaglia del Labour. Il premier vuole dimostrare innanzitutto ai suoi compagni di partito che è possibile conciliare l’ambiente e l’efficienza economica, un tema molto caro al conservatore medio. Come spiega Nici, “i conservatori tradizionali riconoscono il riscaldamento globale, ma sono scettici riguardo al cambiamento climatico”. Ma secondo lei questa dottrina è stata superata dai tempi. “I nuovi conservatori come me e il primo ministro – continua Nici – credono che bisogna adeguare l’economia al cambiamento climatico, rendendo i costi della transizione accettabili per i cittadini”.