“Israele difende se stesso e la civiltà”. Appello di settanta intellettuali francesi
“Cosa lega i missili su Tel Aviv e le fatwe contro di noi”. L'istigatore della morte di Samuel Paty è a capo del collettivo che porta il nome del fondatore di Hamas
“Israele si è completamente disimpegnato da Gaza nel 2005, ma da giorni sta affrontando un’altra offensiva senza precedenti: Hamas sta sparando migliaia di razzi e missili mortali contro la popolazione israeliana. Hamas non mira alla creazione di uno stato palestinese, ma alla distruzione dello stato ebraico”.
Nell’appello di 76 intellettuali francesi sul Figaro ci sono politici come l’ex premier socialista Manuel Valls, saggisti come Pascal Bruckner, giornalisti come Philippe Val (l’ex direttore di Charlie Hebdo sotto scorta per aver ricevuto minacce di morte), la storica della dhimmitudine Bat Ye’or e la filosofa Elisabeth de Fontenay. È l’unico appello del genere in Europa. “Di fronte a questa aggressione, la maggior parte della copertura mediatica è surreale”.
Attaccano giornali e politici che non esitano a marciare sotto le bandiere di Hamas. “Quattrocentomila morti in Siria e tutte le vittime del terrorismo islamista in medio oriente, Pakistan, Afghanistan o Africa non smuovono questi indignati”.
I settantasei riconoscono che gli stessi slogan e le stesse parole d’ordine che si sentono da Gaza sono scandite da chi in questi anni ha ucciso giornalisti, vignettisti, ebrei, poliziotti, semplici astanti in decine di attentati sul suolo francese. “I tentativi di giustificare la violenza islamista come conseguenza della giusta rabbia degli umiliati, dei ‘derubati’ e degli oppressi, sono infondati e fuorvianti. La ‘causa palestinese’ non è e non è mai stata la causa di un Terzo mondo economicamente o politicamente disperato. L’infelicità palestinese è reale, ma la ragione è Hamas e non Israele”.
Invitano gli europei a integrare la cosmologia islamista nella loro ottica, “altrimenti non capiranno le vere questioni in gioco. Il pensiero mortale dei Fratelli musulmani, di cui Hamas è incarnazione, lo vediamo all’opera in Francia e in Europa così come in Nord Africa e nel Sahel. È la stessa ideologia che ha armato la mano dell’assassino di Samuel Paty e che ha fanatizzato Kobili Traoré, che ha massacrato Sarah Halimi perché ebrea”.
Qualunque siano gli errori che si vogliono imputare ai dirigenti israeliani, “lo stato ebraico ha il diritto di esistere. Combatte per difendere il suo territorio e la sua popolazione, ebrei e arabi, entrambi colpiti dai razzi”. Ma Israele non fa solo questo. “Affrontando l’avanzata dell’islamismo a Gaza, Israele contribuisce alla sconfitta di un totalitarismo islamico che dilaga anche sul nostro territorio. Non c’è bisogno di essere un esperto per capire che in medio oriente è in gioco anche il nostro futuro”.
L’islamista che ha lanciato la fatwa contro il professor Paty, Abdelhakim Sefrioui, è a capo del collettivo Cheikh Yassine, dal nome del fondatore di Hamas che ispirò la Seconda Intifada degli attentatori suicidi. Lo ricorda anche Valérie Toranian, direttrice della Reveu des Deux Mondes. “In questa guerra condotta da organizzazioni terroristiche islamiche che sognano di silurare i miscredenti, la stessa civiltà ci lega. E va difesa”.
Poi ci sono, ben più numerosi, gli intellettuali che, apertamente o meno, scrivono e si chiedono: perché gli israeliani non si lasciano uccidere?