Cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza

Daniele Raineri

Più razzi sparati dai gruppi armati palestinesi e più civili israeliani uccisi in undici giorni che nelle guerre precedenti

Israele e Hamas accettano il cessate il fuoco a partire da venerdì. Hamas e gli altri gruppi armati di Gaza (sono almeno sedici) sono riusciti a lanciare più razzi contro le città israeliane in undici giorni che in ciascuna delle tre guerre precedenti. Durante l’ultimo conflitto nel 2014 avevano lanciato più di 3.300 razzi in quarantadue giorni, questa volta ne hanno lanciati più di 4.400 in un quarto del tempo. Il sistema di difesa israeliano Iron Dome non aveva mai dovuto intercettare così tanti razzi, più di millequattrocento contro i meno di seicento della guerra precedente che come abbiamo visto era stata più lunga. I sensori automatizzati delle batterie Iron Dome sono la fonte di questi dati, perché per intercettare in volo i razzi palestinesi prima li individuano e li contano. 

 

Non erano mai morti così tanti civili israeliani; dodici. Il numero dei palestinesi uccisi nei bombardamenti è di 230, un decimo rispetto alla guerra precedente che aveva visto 2.300 morti dentro la Striscia di Gaza. Non è possibile per ora disaggregare il numero dei civili uccisi da quello dei combattenti di Hamas uccisi perché il gruppo armato esercita un controllo strettissimo su questo genere di informazioni e su tutte le informazioni che escono da Gaza. Non circolano foto di combattenti colpiti, ma soltanto di civili. Non circolano foto di bersagli militari colpiti, come tunnel, rampe di lancio o centri di comando, ma soltanto fotografie di edifici civili colpiti. L’idea alla base della campagna di Hamas è massimizzare lo scandalo globale per i palestinesi uccisi e ridurre di molto l’impronta del gruppo armato nei media. Fonti di Israele hanno dichiarato in questi giorni di avere ucciso leader di spicco e di avere colpito infrastrutture importanti come la cosiddetta “metro”, il sistema di gallerie di Hamas nel nord della Striscia, ma il gruppo non ha mai menzionato i leader uccisi o nessun altra perdita. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, il numero dei bambini uccisi è di 58. 

 

Due giorni fa Abu Marzouq, uno dei leader del gruppo Hamas che si trova al sicuro a Doha nel Qatar ed è a conoscenza dei negoziati mediati dall’intelligence egiziana, ha detto che le condizioni per il cessate il fuoco non menzionano Sheikh Jarrah, il quartiere di Gerusalemme est dove otto famiglie palestinesi potrebbero essere espropriate e che è all’origine di questa escalation. La tregua non cita nemmeno Gerusalemme, che però dava il nome alla campagna di Hamas, battezzata “Battaglia della Spada di Gerusalemme”. E’ possibile che le condizioni siano identiche a quelle delle tregue precedenti, vale a dire il cosiddetto “calma in cambio di calma”, zero lanci di razzi in cambio di zero raid aerei israeliani. Se fosse così, è la conferma che questi undici giorni di conflitto e le centinaia di morti non hanno migliorato le condizioni dei palestinesi, come si sapeva fin dall’inizio.  

 

Un numero enorme di razzi di Hamas è caduto dentro la Striscia di Gaza per colpa di malfunzionamenti e secondo fonti israeliane – i dati sono sempre del sistema Iron Dome, che segue le traiettorie di tutti i razzi per decidere quali abbattere e con quale priorità – sono seicentoquaranta e hanno ucciso almeno venti palestinesi. Le bombe di Hamas hanno ucciso direttamente più palestinesi che israeliani. 

 

Questo volume di fuoco da parte di Hamas, che prende finanziamenti e armi dall’Iran, per saturare e bucare il sistema di difesa di Israele è anche un gigantesco test militare a vantaggio di Hezbollah, un altro gruppo sponsorizzato dall’Iran ma molto più forte, meglio equipaggiato e attestato sul confine nord. Questo spiega perché l’11 maggio abbiamo visto centotrenta razzi quasi tutti assieme arrivare su Tel Aviv: non era mai successo prima. Dai dati pubblici si vede che il sistema di difesa fa un lavoro egregio ma non è impenetrabile al cento per cento per i razzi. 
 

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)