un foglio internazionale
Il calo demografico non fermerà la lunga marcia della Cina
La vera divisione sarà tra i paesi ricchi, in cui la popolazione è stabile o in calo, e i paesi poveri in cui la popolazione è in espansione
" 'La Cina diventerà vecchia prima di diventare ricca’, è una di quelle frasi che si sentono sempre nelle conferenze. L’implicazione è che presto il cammino della Cina verso il dominio globale incontrerà una barriera gigantesca: la demografia”. Così inizia l’articolo di Gideon Rachman sul Financial Times. Il basso tasso di natalità cinese significa che la sua popolazione calerà e invecchierà nei prossimi decenni – e questo processo è già iniziato. Storicamente gli imperi in ascesa hanno sempre fatto affidamento su una popolazione giovane e in crescita. Tuttavia, secondo Rachman questo fattore non è più così importante nel Ventunesimo secolo.
I conflitti del futuro verranno decisi dagli scontri tecnologici piuttosto che dalle guerra tra soldati. La vera difficoltà potrebbe essere la struttura, piuttosto che le dimensioni, della popolazione cinese. Nel 2040 circa il 30 per cento dei cinesi avranno più di sessant’anni. Un numero crescente di persone verranno sostenute da una forza lavoro sempre più piccola, rallentando la crescita economica. La demografica cinese è il risultato della politica del figlio unico, che è stata abbandonata nel 2015. Tuttavia, le tendenze demografiche cinesi sono in linea con quelle degli altri grandi paesi asiatici, come Giappone e Corea del Sud, dei paesi occidentali come l’Italia e degli Stati Uniti. Nel complesso, la popolazione globale dovrebbe aumentare dai 7,8 miliardi di oggi a circa 11 miliardi nel 2100, e gran parte dell’incremento demografico dovrebbe interessare l’Africa e il sud dell’Asia. Paesi falliti come la Repubblica democratica del Congo e il Niger sono in cima alle classifiche globali. La demografia continuerà a determinare le sorti del mondo, come ha sempre fatto. Ma il legame storico tra una popolazione giovane e crescente e l’incremento nel potere nazionale sta cedendo il passo a qualcosa di più complesso.
La vera divisione potrebbe essere tra i paesi ricchi e a medio reddito – in cui la popolazione è stabile o in calo – e i paesi poveri in cui la popolazione è in rapida espansione. Il correttivo naturale sarebbe l’immigrazione di massa dal sud globale all’Europa, gli Stati Uniti e l’est asiatico. Tuttavia, a differenza dell’occidente, il sud-est dell’Asia non è per nulla aperto all’immigrazione. Di conseguenza, attraverso questo fenomeno le società occidentali potrebbero guadagnare dinamismo economico ma perdere la stabilità politica, dato che l’immigrazione di massa ha gonfiato le vele dei populisti come Donald Trump. “La grande domanda della geopolitica non sarà chi avrà la popolazione più grande – conclude Rachman – ma se la Cina o l’occidente avranno fatto le scelte giuste sull’immigrazione”.