Le aggressioni low cost contro l'Europa

Daniele Raineri

O l’Unione europea reagisce con misure dure contro la Bielorussia o  le azioni ostili aumenteranno

“Fuck around and find out” è uno slogan arrogante americano. Vuol dire: tu provaci e poi vedi cosa ti succede. Il problema è che l’Europa si mette all’altra estremità dello spettro quando si tratta di non reagire davanti alle azioni ostili di potenze esterne. Tu provaci pure e vedrai che funzionerà perché non ti succederà nulla: è il messaggio che proiettiamo davanti a tutti. L’Europa ha smesso di comportarsi come se la sicurezza nazionale dei paesi membri e la capacità di deterrenza non fossero questioni cruciali e i danni di questo atteggiamento si stanno accumulando in silenzio. Non ce ne accorgiamo, fatta eccezione per episodi acuti come quest’ultimo atto di pirateria aerea, ma i danni ci sono. 

Domenica quando una squadra di quattro agenti operativi (con passaporti russi, ma questo non prova la loro nazionalità: potrebbero essere dei servizi bielorussi) ha dirottato un aereo della Ryanair verso l’aeroporto di Minsk in Bielorussia e ha catturato un dissidente politico, la commissaria ai Trasporti europea, Adina Valean, ha trillato su Twitter: “Il volo è appena decollato da Minsk diretto a Vilnius. Buone notizie per tutti! Specialmente per le famiglie e gli amici dei passeggeri a bordo”. Le buone notizie sarebbero che i servizi di un paese straniero hanno calcolato che vale la pena fare un colpo di mano contro un aereo passeggeri in volo tra due capitali europee con l’aiuto di due aerei da guerra Mig – che hanno intimato al pilota civile di atterrare con la minaccia delle armi – perché, sempre secondo il loro calcolo, non ci saranno conseguenze. E’ come se fosse possibile vedere il ragionamento fatto dall’autocrate bielorusso Aleksandr Lukashenka, che ha autorizzato di persona tutta l’operazione: non torceremo un capello ai passeggeri europei, prenderemo il nostro dissidente e poi faremo ripartire l’aereo. E quindi non ci saranno reazioni, perché per gli europei sarà soltanto un inconveniente tecnico, come un’avaria oppure un’ondata di maltempo, e considereranno il resto come un regolamento di conti bielorusso. 

Il calcolo della Bielorussia (e uno studioso attento come Tim Snyder dice che un gesto così non può che essere stato fatto con l’assenso della Russia) si basa sui precedenti che hanno osservato nel periodo recente. Quest’anno abbiamo scoperto che i servizi militari russi hanno fatto saltare in aria depositi di munizioni nella Repubblica ceca e molto probabilmente anche in Bulgaria, senza che ci siano state conseguenze. Nel marzo 2018 due operativi dei servizi russi hanno spruzzato un agente nervino sulla maniglia della porta di casa di un loro disertore e sua figlia a Salisbury vicino Londra e poi hanno gettato il finto flaconcino di profumo che conteneva l’agente nervino in un parco – è stato raccolto da una donna inglese che è morta avvelenata da un’arma chimica sviluppata nei laboratori sovietici e della quale nessuno ricorda il nome (Dawn Sturgess). Nel febbraio 2016 un ricercatore italiano al Cairo, Giulio Regeni, è stato rapito, torturato e ucciso dai servizi egiziani. L’Italia ha protestato per l’incarcerazione di uno studente egiziano, Patrick Zaki,  che studia a Bologna, ma l’ammissione di chi segue il caso è che più l’Italia protesta e più il periodo di detenzione (senza reati) di Zaki si allunga per ritorsione. Negli ultimi anni lo slogan dell’Europa è stato: “Fuck around and then more please”, fai roba brutta come ti pare e poi fallo ancora per favore. 

Proprio adesso che con il Recovery fund per risollevarci dalla pandemia si è materializzata l’Unione europea dei denari e della solidarietà materiale, scopriamo di essere in ritardo orrendo per quel che riguarda la sicurezza comune. Se passa il messaggio che è possibile dirottare voli europei senza soffrire conseguenze – o se passa il messaggio che in generale è possibile fare operazioni così sfacciate e aggressive contro l’Europa – siamo tutti su un piano inclinato che ci porterà verso episodi ancora più gravi. La Bielorussia è stata facilitata dal fatto che l’aereo della Ryanair è passato dentro il suo spazio aereo, ma anche altri potrebbero interferire con i voli europei. Istanbul, in Turchia, è a soltanto cinquecento chilometri da Atene. Beirut e il Cairo sono a poco più di mille chilometri. E roba impensabile, fino a quando non succede. 

Per questo adesso conta la risposta dell’Unione europea ed è meglio che non sia annunciare “Great news!” su Twitter. Una proposta è interdire lo spazio aereo dell’Europa a Belavia, la compagnia di bandiera della Bielorussia. Un’altra proposta è interdire ai voli europei lo spazio aereo della Bielorussia, che diventerebbe una no fly zone, e dal punto di vista politico è un segnale duro ma aumenterà i costi delle compagnie aeree. La Gran Bretagna ha già fatto entrambe le cose, la Francia propone la no fly zone, la Lituania ha espulso l’ambasciatore bielorusso e però per adesso sono reazioni isolate. L’Unione europea ha l’occasione di prendere consapevolezza di essere una comunità di trecento milioni di abitanti che contiene economie fortissime e vedremo prestissimo se si farà valere con la Bielorussia – anche come messaggio agli altri che guardano. 

 

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