TRA VIRGOLETTE
Il declino della Francia ha un nome: muqaddima
La Francia “non si riconosce più”, scrive Boualem Sansal in una lettera aperta a Le Figaro. E indica una via per ritrovarsi
“I francesi hanno dato mille nomi al male che consuma il loro paese, e continuano a credere che ripetendoli all’infinito come dei mantra o come delle sure faranno passi avanti nella verità. Ma moltiplicare i nomi, a mio avviso, non fa altro che aggravare il male”. Declino, declassamento, inciviltà, jihad, Daesh, islamogoscista, “questa profusione non dice nulla di fondamentale, è snervante”, ha scritto ieri lo scrittore algerino Boualem Sansal in una lettera aperta pubblicata sul Figaro. “La verità è che la Francia soffre di un male interiore, non si conosce più, non si riconosce più, che è la peggiore delle malattie”.
Sansal è uno dei più grandi scrittori contemporanei del mondo arabo. Nonostante le minacce di morte dei fondamentalisti islamici, continua a vivere a Boumerdès, vicino ad Algeri. Ma la Francia resta nel suo cuore, è il paese delle libertà che sognava fin da piccolo, e che oggi, però, vede in difficoltà, fragile e insicuro. “Mi sorprende che nessuno abbia pronunciato la parola ‘muqaddima’. Perché dice tutto del male di cui soffre la Francia (…). ‘Muqaddima’ è il titolo di un testo in cui l’autore – l’immenso Ibn Khaldoun – spiega come nascono e muoiono gli imperi. Dovrebbe essere il libro al capezzale di ogni francese che teme per il futuro dei suoi figli e del suo paese (…). Ci insegna che gli imperi si costruiscono disarmando la loro popolazione, rompendo le solidarietà tradizionali che assicurano la sua coesione sociale”, scrive Sansal. Ma ci insegna anche che “per domare i rivoltosi, gli imperi verranno obbligati ad arruolare tribù guerriere dai confini o mercenari stranieri, poi a sollecitare gli stati vicini per placare le tribù e i mercenari che, approfittando della loro debolezza, contenderanno loro il potere (…). Se non potranno in alcun modo sbarazzarsene, apriranno loro una via per avere un ruolo nella cerchia del potere, nella speranza di vederli civilizzati e integrati”.
Secondo lo scrittore algerino, è proprio ciò che è accaduto in Francia. “Alla fine della Seconda guerra mondiale, la Francia ha fatto appello alla forza lavoro maghrebina e africana per ricostruire la sua economia, poi, non potendo rimandarla indietro dopo il servizio reso, gli ha aperto la strada. Di fronte al fallimento della strategia, ha subappaltato i poteri di polizia e di governo agli islamisti per ristabilire l’ordine nei territori perduti della Repubblica. Circolo vizioso. Dopo aver assoldato gli islamisti per salvare le periferie e attribuito riconoscimenti e titoli di nobiltà ai loro rappresentanti incravattati, la Francia e l’Europa hanno fatto appello agli stati da cui provenivano gli invasori islamisti (Algeria, Marocco, Tunisia, Libia, Turchia, Cecenia…) per custodire i loro confini esterni e impedire che la loro religione si diffondesse in tutto il mondo”, osserva Sansal. La Francia, conclude, è “stordita, intontita, ha mani e piedi legati ed è involontariamente arruolata nella jihad planetaria”.
Serve un sussulto, ora o mai più. “La decostruzione è molto avanzata. La Francia ha perso molto, il suo genio, la sua cultura, la sua lingua, i suoi valori, le sue competenze, i suoi territori, il suo esercito… Ma le è rimasta un po’ di vita, può risollevarsi”. In che modo? Ce lo indica Ibn Khaldoun, dice Sansal: “Bisogna dotarsi il più rapidamente possibile di un’economia produttiva che sappia creare ricchezza, conoscenza, abilità, professioni del futuro e che sappia diffondere lo spirito di conquista nella società”.
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