il manuale di lukashenka

Putin prende parte alla guerra dei cieli

Un regalo al capo del regime di Minsk in vista dell'incontro previsto per oggi a Sochi e le bugie sul dirottamento

Micol Flammini

Mosca ha bloccato l'accesso allo spazio aereo russo alle compagnie che si rifiutano di attraversare i cieli della Bielorussia. Nonostante i leader internazionali continuino a cercare nel capo del Cremlino un mediatore, lui non abbandona Lukashenka. Con il dittatore bielorusso si capisce sempre meglio

Gli schieramenti della guerra dei cieli, che va avanti a suon di voli bloccati,  sono due. Da una parte c’è chi ritiene che la decisione di Aljaksandr Lukashenka di far atterrare a Minsk il volo Ryanair FR4978, che viaggiava da Atene a Vilnius, per arrestare Roman Protasevich, sia stato un atto di pirateria. Dall’altra c’è  il fronte meno nutrito di chi sta con la dittatura bielorussa, che conta un alleato  potente: la Russia. Mosca ieri ha bloccato due voli europei, Air France e Austrian Airlines, perché si è rifiutata di riconoscere il percorso degli  aerei che, diretti in Russia, avrebbero scelto un tracciato alternativo per non sorvolare la Bielorussia.

 

Il Cremlino, che finora aveva evitato di dimostrare una solidarietà lampante nei confronti di Minsk, ha poi esteso il divieto di entrare nello spazio aereo russo a tutte le compagnie che si rifiutano di attraversare i cieli della Bielorussia.

 

  

Nei giorni scorsi i leader europei hanno deciso di tagliare i collegamenti aerei con Minsk  e dalle mappe dei voli della compagnia bielorussa Bellavia si vedono gli aerei muoversi in cerchio attorno ai confini nazionali, nella speranza che i paesi diano il permesso per utilizzare lo spazio aereo. Rimangono bloccati nei cieli, ricamano traiettorie ripetitive e alla fine sono spesso costretti a tornare all’aeroporto di Minsk. La Russia ha deciso di far vedere che nonostante tutto, nonostante Putin non perda occasione per sottolineare quanto sia difficile avere un alleato inaffidabile  come il dittatore,  è disposta a stare dalla sua parte. Sicuramente il presidente russo si intende di più con il dittatore bielorusso che con i leader occidentali e ogni volta che sembra sia sul punto di fare un gesto  di apertura verso l’occidente, torna indietro e la decisione di  bloccare i voli europei sembra un regalo a Lukashenka in vista della sua visita prevista oggi a Sochi.  

 

 

Il sedici giugno il capo del Cremlino dovrebbe incontrare a Ginevra Joe Biden, con il quale ha parlato pochi giorni fa, è stato contattato da Washington per  trovare dei punti in comune sulla Bielorussia.  Biden e i leader europei continuano a vedere nel dialogo con Putin la strada migliore per fare pressione su Lukashenka, ma Putin continua a rifiutare questo ruolo di mediatore che pure gli consentirebbe di rimettersi al tavolo  delle potenze che contano, di uscire dall’isolamento in cui è finito dall’annessione della Crimea. Il tandem con Lukashenka non fa  che svilire la sua immagine internazionale, eppure il capo del Cremlino rimane dalla parte del dittatore con il quale è pronto a condividere la repressione e tutte le illegalità. E’ anche disposto a credere alle sue bugie. 

 

 

Lukashenka è famoso per   i tentativi di inventare notizie false in modo posticcio. La scorsa estate mentre cercava l’appoggio di Mosca dopo la repressione delle proteste, si presentò al primo ministro Mikhail Mishustin con un audio in cui un agente dei servizi a Varsavia e uno a Berlino ammettevano di aver cercato di avvelenare Alexei Navalny. La registrazione era talmente inverosimile che la Russia preferì non parlarne mai più. Anche al caso del dirottamento dell’aereo il dittatore ha cercato di applicare   delle bugie che motivassero il suo atto di pirateria. Ha detto che l’ordine veniva dalla Svizzera, che aveva ricevuto un messaggio del gruppo terroristico palestinese Hamas che annunciava delle bombe a bordo. Lukashenka ha detto che la stessa mail era stata ricevuta dalla Grecia e dalla Lituania, oltre alla Svizzera, ma nessuno dei tre paesi ha avvalorato questa teoria. Tanto più che la mail, mostrata dalle autorità aeroportuali di Minsk, sarebbe arrivata venti minuti dopo il dirottamento. Altre falsità  riguardano Protasevich, il regime insiste sul fatto che il ragazzo  abbia combattuto nel battaglione Azov in Ucraina, così Lukashenka tenta di giustificare il suo atto di pirateria. Protasevich ha ammesso di aver seguito come giornalista   i soldati neonazisti del battaglione, ma è evidente che  questo  c’entri poco  con il dirottamento e l’arresto. 

 

Soltanto Putin è disposto a credere a Lukashenka e ad appoggiarne le misure strampalate e pericolose che ha usato in questi mesi per reprimere l’opposizione.  Ogni volta che il dittatore bielorusso compie qualche crimine, ci si aspetta che anche la Russia non sia disposta ad accettarlo. Puntualmente, la Russia non soltanto accetta, ma segue il manuale di Lukashenka. I due hanno molto più in comune di quello che Putin tenti di non  far vedere.  Con una differenza: il bielorusso  è imprevedibile, il russo invece è sempre più prevedibile. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)