BoJo vuole un nuovo yacht reale per la Global Britain del post Brexit
"È la terza B: Boris, Brexit e Britannia", esulta il Telegraph. Ma altri osservatori sostengono che non sia altro che un'operazione d'immagine senza benefici pratici (nemmeno per la Regina)
Una delle poche occasioni in cui la Regina Elisabetta si è commossa in pubblico è stata la cerimonia di dismissione della nave Britannia, uno dei simboli della famiglia reale britannica nel mondo dal 1954. Era l’11 dicembre 1997, l’epoca della Cool Britannia e l’inizio della luna di miele del New Labour, e l’allora premier Tony Blair volle dare un segno di rottura dai governi conservatori che lo avevano preceduto. “Abbiamo detto che non avremmo speso i soldi dei contribuenti sul Royal Yacht e io manterrò la promessa”, disse l’allora ministro della Difesa George Robertson, archiviando una lunghissima tradizione della monarchia, che aveva usufruito di una nave di rappresentanza fin dal 1660.
Ventiquattro anni dopo, il premier Boris Johnson vuole ripristinare questo privilegio. Negli ultimi giorni Downing Street ha annunciato l’intenzione di costruire una nuova nave di stato per dare lustro alla Gran Bretagna all’estero. Con la solita modestia, Johnson ha fatto sapere che la nuova imbarcazione, i cui lavori di costruzione inizieranno nel 2022 e saranno completati entro i successivi quattro anni al costo di circa 200 milioni di sterline, dovrà riflettere lo status “fiorente della Gran Bretagna, una grande nazione marittima, indipendente e aperta al commercio. Ogni aspetto della nave (...) rappresenterà e promuoverà il meglio della Gran Bretagna – un simbolo forte e chiaro del nostro impegno a essere una pedina fondamentale sul palcoscenico globale”. La nuova imbarcazione non sarà un bene esclusivo dei Windsor e, a differenza della Britannia, probabilmente non sarà utilizzata dai reali per andare in vacanza. Anzi, molti esperti sostengono che la Regina sia piuttosto indifferente a questo progetto e molto contraria a intitolare la nuova imbarcazione al Principe Filippo. Secondo le intenzioni del governo, la nave dovrà essere uno strumento economico e di soft power nell’interesse di tutto il paese. Il premier ha spiegato che quando sarà in visita all’estero la nave reale verrà ormeggiata in un porto vicino e utilizzata per ricevere le aziende straniere, mettere in mostra le eccellenze britanniche nei paesi emergenti e ospitare summit diplomatici o commerciali.
Questo annuncio è solamente l’ultimo segnale del fatto che il Regno Unito voglia aprirsi al resto del mondo e sfruttare l’uscita dall’Ue per siglare nuovi accordi commerciali e tornare a puntare sulla sua storica forza navale. Uno dei temi più importanti della revisione della politica estera, un lungo documento presentato dal governo lo scorso marzo, è stato quello di aumentare i fondi a disposizione e investire in nuove tecnologie per la Marina britannica. Alcune settimane fa la nuova nave portaerei Queen Elizabeth è salpata dal porto di Portsmouth con a bordo un equipaggio di 1.600 unità e ha iniziato un viaggio lungo otto mesi verso il Mare cinese meridionale, che è stata vista come un’ulteriore provocazione nei confronti di Pechino.
Com’era previsto, la costruzione della nuova imbarcazione è stata molto controversa in patria. Il giornale euroscettico e filo governativo Daily Telegraph, che da anni conduce una battaglia mediatica per costruire un nuovo Royal Yacht, ha festeggiato la vittoria che ovviamente ha attribuito alla Brexit (“è la terza B: Boris, Brexit e Britannia”, ha scritto il Telegraph). Ma alcuni osservatori, come l’ex consigliere alla Sicurezza nazionale britannica Peter Ricketts, sostengono non sia altro che un’operazione di immagine che non porterà alcun beneficio pratico. “Qualcuno ha chiesto alle aziende britanniche se il miglior aiuto dal governo sia spendere 200 milioni su una nave per invitare la gente a bere cocktail? Non è un po’ retrò come concetto per la promozione dell’export?”. La linea del Labour è che in un momento di difficoltà per famiglie e imprese ci sono modi migliori per spendere i soldi dei contribuenti. Anche se i fautori del progetto rispondono che la vecchia Britannia ha contribuito a negoziare accordi commerciali del valore di tre miliardi di sterline tra il 1991 e il 1995, e che sostituirla con una nuova nave sia un ottimo affare.
L'editoriale dell'elefantino