L'ultimo rapporto Aiea spiega bugie e numeri del nucleare in Iran, il Mossad minaccia
L'arricchimento dell'uranio a questo livello "si fa soltanto nei paesi che producono armi atomiche" dice il capo dell'agenzia internazionale. Il sabotaggio di aprile ha avuto conseguenze devastanti. L'intelligence israeliana minaccia interventi
Lunedì l’Aiea, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dell’energia atomica e delle ispezioni sul campo, ha firmato il rapporto trimestrale sul nucleare in Iran. E’ confidenziale ma alcuni media, come l’agenzia Afp e il Wall Street Journal, lo hanno potuto vedere. Il rapporto rivela molte cose a proposito dell’arricchimento dell’uranio, che è la procedura tecnica che porta l’Iran sempre più vicino ad avere la bomba atomica e quindi funziona come un conto alla rovescia.
Il sabotaggio di domenica 13 aprile, quando un’esplosione sotterranea attribuita a Israele (che non conferma) distrusse una parte del sito iraniano di Natanz, ha avuto un impatto molto pesante sulla velocità dell’arricchimento. In tre mesi l’Iran ha arricchito 273 chilogrammi di uranio, che sono meno della metà dei 525 arricchiti nei tre mesi precedenti. Questo vuol dire che le fonti di intelligence che ad aprile dicevano al New York Times che l’esplosione aveva devastato l’impianto iraniano avevano ragione. Il governo di Teheran in quei giorni aveva minimizzato l’accaduto perché non voleva ammettere l’incredibile violazione di un sito protetto per la seconda volta in otto mesi ma a questo punto è chiaro che la sua era una versione di comodo.
Il rapporto dell’Aiea chiarisce che la progressione dell’Iran verso le armi atomiche è soltanto un po’ più lenta e ha perso qualche mese, ma non si è fermata. Stima che adesso la scorta totale di uranio arricchito sia arrivata a 3.241 chilogrammi, equivalente a sedici volte la quantità massima permessa dall’accordo firmato nel 2015 – che Teheran non considera più valido perché l’Amministrazione Trump si è ritirata.
Dopo il sabotaggio, l’Iran ha deciso di cominciare ad arricchire una parte dell’uranio al sessanta per cento. Una settimana fa il direttore dell’Aiea, l’argentino Rafael Grossi, ha detto al Financial Times che è un punto di non ritorno perché “soltanto i paesi che producono armi atomiche arricchiscono a quel livello l’uranio, quello che si usa per scopi commerciali è arricchito al due, tre per cento”. Il rapporto Aiea dice che per ora la quantità di uranio arricchito al sessanta per cento è 2,4 chilogrammi. Secondo gli esperti, se fosse ancora purificato basterebbe per almeno tre bombe. Per fare un’arma atomica ci vuole uranio arricchito al novanta per cento.
L’Aiea scrive anche di avere trovato tracce di uranio in siti dove non ci dovrebbe essere nulla e questo fa sospettare che il governo iraniano nasconda qualcosa. L’ipotesi più probabile è che l’Iran non abbia dismesso del tutto le strutture del programma militare, come garantisce di avere fatto.
Ieri il nuovo capo del Mossad israeliano, David Barnea, ha parlato per la prima volta: “Dobbiamo dirlo forte e chiaro. Mentre parliamo, l’Iran lavora al suo progetto nucleare protetto da uno scudo internazionale. Dentro a un accordo o fuori dall’accordo, con inganni e bugie, l’Iran procede verso la bomba atomica”. Poi ha fatto una minaccia esplicita, secondo il testo raccolto dal giornale Yedioth Ahronoth: “Il braccio lungo del Mossad continuerà a rispondere al programma iraniano. Conosciamo bene i diversi settori del programma nucleare e molto bene le persone che ci lavorano e che lo dirigono”. E infine ha citato l’indifferenza della comunità internazionale per dire che Israele deciderà cosa fare in autonomia: “Non ci regoleremo secondo l’idea che la maggioranza decide, perché quella maggioranza non pagherà le conseguenze degli errori di valutazione”.