Mosca o Minsk?

La repressione meticolosa del Cremlino

Micol Flammini

L’arresto di  Pivovarov e Gudkov e le perquisizioni. Vladimir Putin vuole neutralizzare il “voto intelligente”, l’ultima strategia ideata da Navalny, e cerca di fermare un oppositore alla volta

La scorsa settimana, l’oppositore del Cremlino Mikhail Khodorkovsky aveva deciso di chiudere il suo movimento Otkrytaya Rossia (Open Russia). Lo aveva fatto perché come altri movimenti e organizzazioni aveva ricevuto l’etichetta di “indesiderabile”  e lo scioglimento sembrava un sistema per non mettere in pericolo i suoi membri. Ma non è stato abbastanza, lunedì sera, l’aereo della compagnia polacca Lot che partiva da San Pietroburgo in direzione Varsavia, prima del decollo è stato fermato e uno dei passeggeri è stato arrestato dagli agenti dell’Fsb. Era Andrei Pivovarov, capo dell’organizzazione. In queste settimane di guerra dei cieli è sembrato un gesto in continuità con la decisione di Lukashenka, il dittatore bielorusso, di dirottare l’aereo Ryanair, che volava da Atene a Vilnius, per arrestare l’oppositore Roman Protasevich. Il Cremlino non si è spinto a tanto, ha ordinato all’aereo di tornare al terminal e ha mandato a bordo gli uomini dei servizi con l’ordine di condurre Pivovarov nel sud della Russia. 

 
Nelle stesse ore, la dacia, l’appartamento a Mosca e anche gli uffici di Dmitri Gudkov, uno degli oppositori più conosciuti in Russia e che vorrebbe candidarsi alle elezioni per la Duma di  settembre, è stata perquisita. La stessa sorte è toccata alla dacia   dei suoi genitori: suo padre è Gennadi Gudkov, ex deputato e oppositore di Vladimir Putin. Anche gli appartamenti  dei suoi collaboratori Aleksandr Solovyov, ex presidente di Open Russia, e Vitali Venediktov sono stati perquisiti. Poi Gudkov è stato arrestato.  

 

Dopo l’arresto di Alexei Navalny, che da mesi ormai è detenuto in una colonia penale conosciuta per le violenze e gli abusi, il Cremlino ha deciso di inasprire la repressione, di rendere ancora più insostenibile la vita per l’opposizione. Anche l’opposizione fino a quel  momento tollerata è soggetta a pressioni continue. A settembre ci sono le elezioni per rinnovare la Duma, e se i sostenitori di Navalny sono stati accusati di estremismo e non potranno né candidarsi né fare campagna per altri, ora il Cremlino cerca il rimedio per evitare che gli altri partiti di opposizione possano ottenere più sostegno. E’ un lavoro chirurgico e meticoloso, Vladimir Putin non vuole ritrovarsi le strade piene di manifestanti e vuole anche evitare che la tecnica del “voto intelligente” di Navalny – vota qualsiasi partito di opposizione che più ha possibilità di vincere – tolga seggi a Russia unita. Aumentano la violenza, gli arresti e le etichette da addossare agli oppositori per rendere impossibile la loro attività. Gudkov, per esempio,  era tra i politici che, contrariamente a Navalny, erano riusciti a candidarsi negli anni passati. 

 

Saranno state le manifestazioni per Navalny, oppure le immagini che venivano dalla Bielorussia, oppure i colloqui sempre più assidui con Lukashenka che hanno reso Putin meno tollerante e più spietato nei confronti dell’opposizione. Ma se lui guarda Minsk per cercare di evitare che a Mosca si crei un movimento simile, l’opposizione russa guarda quella bielorussa per capire cosa  potrebbe accadere. Ieri un prigioniero politico, Stepan Latypov, ha tentato di suicidarsi durante un’udienza a Minsk, si è pugnalato alla gola con una penna e la disperazione, dopo più di nove mesi di proteste e persecuzioni, sta colpendo molti. La Russia è all’inizio e finora non ha conosciuto un movimento tanto vasto come quello di Minsk, ma sa che Putin ultimamente guarda sempre di più a Lukashenka. 

 
Il sito di notizie Meduza, bollato come agente straniero dal Cremlino, ha organizzato un test sul suo sito. Sotto a ogni notizia bisogna indicare se si stratta di un fatto avvenuto in Bielorussia o in Russia. La differenza si assottiglia sempre di più. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)