A cosa serve la "Nuova capitale amministrativa" dell'Egitto
L'obiettivo ufficiale è decongestionare l'area urbana del Cairo, ma per Al Sisi il progetto, che verrà inaugurato a breve, ha anche l'obiettivo di tagliare definitivamente con il passato rivoluzionario di piazza Tahrir
L’Egitto si prepara a inaugurare la sua nuova capitale nel deserto, 45 chilometri a est del Cairo. La costruzione della cosiddetta “Nuova Capitale Amministrativa”, iniziata nel 2015 su un’area di 700 chilometri quadrati, ha ufficialmente l’obbiettivo di decongestionare l’area urbana del Cairo, tra le città più densamente abitate al mondo. Nonostante la temporanea battuta d’arresto imposta dalla pandemia nel 2020, nei mesi scorsi i lavori sono ripresi a ritmi serrati: il presidente Abdel Fattah al Sisi vuole inaugurarla entro la fine del 2021.
La fase uno del progetto, attualmente completata al 60 per cento, prevede che la nuova capitale ospiti la sede del Parlamento, ministeri e uffici governativi, ambasciate straniere, nonché un’area residenziale e un distretto commerciale. Il governo conta di trasferire i primi 50.000 dipendenti pubblici nella nuova capitale entro l’estate; secondo le previsioni, una volta completate la seconda e terza fase del progetto, la città dovrebbe arrivare ad avere all’incirca 6 milioni di abitanti. Khaled el Husseiny, portavoce ufficiale del progetto, ha affermato che la nuova capitale è stata progettata con l’intento dichiarato di “risolvere i problemi del passato”; su tutti, sovrappopolazione, traffico e inquinamento, che rendono sempre più invivibili molti dei quartieri storici del Cairo. Per questo, la nuova capitale sarà dotata di spazi verdi, pannelli solari e collegamenti ferroviari.
A dieci anni esatti dalla deposizione di Mubarak, è difficile però non vedere in questo progetto la volontà di al Sisi di imprimere una cesura definitiva con il passato rivoluzionario di piazza Tahrir. Dal 2011 al 2014 l’area del centro del Cairo che ospita l’iconica piazza era stata infatti il punto di aggregazione di proteste antiregime di vario segno politico, da quelle dei progressisti liberali a quelle dei Fratelli musulmani. La presenza di importanti ministeri (tra cui quello dell’Interno) e l’impianto tardo-ottocentesco dell’area, con le strade a raggiera che agevolavano l’accesso alla piazza, per anni avevano convogliato le manifestazioni in questo punto nevralgico della città, nonostante i ripetuti tentativi delle autorità di desacralizzarne l’aura rivoluzionaria.
La svolta politica impressa da al Sisi nel 2013 si traduce ora anche a livello urbanistico: in un discorso pronunciato in occasione di un evento militare lo scorso 9 marzo, il presidente egiziano ha dichiarato che l’inaugurazione della capitale sancirà la nascita di un “nuovo stato” e una “nuova repubblica”. In effetti, la nuova capitale sembra essere nata per collezionare primati: oltre alla più grande chiesa del medio oriente e a una moschea seconda per grandezza solo alla Grande Moschea della Mecca, l’“Iconic Tower”, un grattacielo ispirato agli antichi obelischi, con i suoi 385 metri diventerà l’edificio più alto dell’Africa.
Suggestioni faraoniche si riscontrano anche nell’architettura degli edifici ministeriali già costruiti. Al Sisi sembra voler così disegnare una linea di continuità tra lo splendore dell’Antico Egitto e il futuro del paese, spazzando via le ombre di un decennio di crisi economica e sistematiche violazioni dei diritti umani. Tuttavia, la sostenibilità ambientale ed economica del progetto ha già destato innumerevoli perplessità. Inoltre, i tentativi di costruzione di città satelliti per alleviare la pressione sui quartieri centrali del Cairo si susseguono da decenni, con scarsi risultati: le nuove aree residenziali costruite ai margini della città a partire dagli anni ’70 non sono riuscite ad assorbire la quantità di popolazione sperata, per mancanza di infrastrutture e collegamenti adeguati.
Mentre si moltiplicano le cattedrali nel deserto, i governi egiziani sembrano ormai considerare la riqualificazione urbana del Cairo come una causa persa. Nonostante l’apparente disponibilità di fondi per progetti faraonici, i più elementari bisogni urbanistici dei quartieri del Cairo sono totalmente ignorati, quasi che la nuova capitale non possa che rinascere sulle ceneri di quella vecchia.
I conservatori inglesi