Biden in Europa
L'Ue non è pronta a dare a Biden le risposte che cerca sulla Cina
L’agenda del presidente, che cerca dall’Ue rassicurazioni sulla Cina. Parla Manfred Weber, presidente del Ppe al Parlamento europeo
Tra elezioni legislative in Germania e ostruzionismo pro Pechino di Viktor Orbán, l’Ue non è ancora pronta a sottoscrivere l’alleanza di democrazie che Joe Biden vuole mettere in piedi per contenere la Cina. Il presidente americano atterra oggi nel Regno Unito per il primo viaggio all’estero dal suo arrivo alla Casa Bianca e la sua agenda prevede: summit del G7 in Cornovaglia, vertice della Nato e incontro con i leader dell’Ue a Bruxelles, faccia a faccia con Vladimir Putin a Ginevra.
Sul Washington Post, Biden ha spiegato che la tournée servirà non solo a rassicurare i partner europei sull’America che è tornata, ma anche a “dimostrare la capacità delle democrazia sia di affrontare le sfide sia di scoraggiare le minacce di questa nuova èra”. Non è solo una questione di valori democratici o di diritti umani. Biden vuole assicurare “che le democrazie di mercato, non la Cina o chiunque altro, scrivano le regole su commercio e tecnologia per il ventunesimo secolo”. Inoltre, intende offrire “un’alternativa di alto livello rispetto alla Cina per le infrastrutture fisiche, digitali e sanitarie”. L’Europa è pronta a rispondere positivamente? La risposta non va cercata nelle dichiarazioni dei summit o nei discorsi dei leader. Si trova innanzitutto a Berlino, dove si sta per chiudere il lungo regno di Angela Merkel. La cancelliera ha sempre difeso a parole l’ordine mondiale basato sulle regole. Ma nei fatti ha perseguito una politica di appeasement della Cina, fatta di contratti e accordi sugli investimenti. “Definire quello che sarà il nostro complesso rapporto con la Cina per il prossimo decennio è una delle decisioni strategiche chiave che la Germania e l’Europa devono prendere”, ma “la Germania è attualmente nel bel mezzo di una campagna elettorale”, dice al Foglio Manfred Weber, il presidente del gruppo del Ppe al Parlamento europeo. E, se la Germania non è pronta a rispondere, nemmeno l’Ue è pronta.
La risposta sui rapporti con la Cina “approderà sul tavolo della prossima coalizione di governo”, dice Weber. Lo scenario più probabile è una coalizione tra l’Unione Cdu-Csu e i Verdi con Armin Laschet come cancelliere. I Verdi dovrebbero adottare un approccio molto più duro sulla difesa dei diritti umani in Cina e spingere per avvicinarsi alla posizione di Biden. Ma la Germania non è il solo paese ad esitare di fronte alla prospettiva di schierarsi in una nuova Guerra Fredda con la Cina. “La cancelliera Merkel sottolinea sempre che l’Europa non deve essere ingenua, ma guardare anche alle opportunità economiche e alle potenzialità che abbiamo” nei rapporti con la Cina, dice Weber: “Non è solo la Germania. Guardando ai numeri di crescita in Asia, molti paesi e settori di attività stanno ancora guardando al mercato cinese, come l’industria del lusso in Francia e in Italia”. Weber ritiene che Ue e Usa dovrebbero rilanciare negoziati per definire gli standard del futuro: “Dovremmo stare vicini agli Stati Uniti sulla Cina quando si tratta di plasmare la globalizzazione nel 21° secolo”. Ma “allo stesso tempo dobbiamo essere consapevoli che gli interessi europei non sono sempre uguali agli interessi americani”, dice Weber.
Chi esclude esplicitamente di volere schierarsi in una nuova guerra fredda con la Cina è il premier ungherese, Viktor Orbán. Nella politica estera dell’Ue, a causa della regola dell’unanimità, l’Ungheria conta come la Germania. Tra il vaccino Sinopharm, le nuove vie della Seta e il campus dell’università di Fudan, Orbán ha accolto a braccia aperte la Cina. A Bruxelles, l’Ungheria è diventata la testa di ponte di Xi Jinping nell’Ue. “Per quanto riguarda la politica dell’Europa nei confronti della Cina, crediamo di dover prevenire il riemergere delle politiche e della cultura della Guerra Fredda nella politica mondiale”, ha detto Orbán, per giustificare la sua decisione di mettere un veto alle condanne dell’Ue sulla repressione a Hong Kong. “Una ripresa della Guerra Fredda è anche contraria agli interessi dell’Europa, dell’Europa centrale e dell’Ungheria”. Orbán ha promesso di continuare a esercitare “i nostri diritti garantiti dai trattati istitutivi dell’Ue”. Tradotto: il diritto di veto sulla politica dell’Ue sulla Cina.
Orbán non è membro del G7. Il summit in Cornovaglia dovrebbe partorire una dichiarazione con critiche senza precedenti a Pechino. Il vertice Ue-Usa lancerà un Consiglio Commercio e Tecnologia per coordinarsi sulle regole e standard per scambi internazionali, 5G, semiconduttori e tecnologie. Ma, prima di arrivare all’alleanza delle democrazie transatlantiche per contenere la Cina, ci vorranno più tempo e fatica.