Suprematismo, Mein Kampf, armi e gilet gialli. Le passioni degli assalitori di Macron
All'indomani dell'incidente, nuovi dettagli chiariscono l'orientamento politico Damien T. e Arthur C., i due giovani aggressori del presidente francese, che non hanno fornito spiegazioni né presentato rivendicazioni. Gli inquirenti parlano di "poltiglia ideologica"
Una copia del “Mein Kampf”, il manifesto del nazismo scritto da Adolf Hitler tra il 1924 e il 1925, è stata ritrovata nella casa di Arthur C., il ventottenne che martedì ha filmato il suo complice, Damien T., mentre dava uno schiaffo al presidente della Repubblica Emmanuel Macron, in visita nel dipartimento della Drôme. Secondo quanto riferito al Parisien, gli inquirenti hanno trovato anche una daga, una spada e una carabina, arma che Arthur C. detiene legalmente, perché titolare di un permesso. Ieri mattina, il quotidiano parigino ha appreso che a casa dell’autore dell’aggressione a Macron sono state rinvenute alcune riproduzioni di pistole storiche, da collezionisti, oltre che libri sul Medioevo e una bandiera sovietica.
All’indomani dell’incidente verificatosi all’esterno del liceo alberghiero di Tain-l’Hermitage, nel sud-est francese, si sa qualcosa in più dei due ragazzi nati a Saint-Vallier nel 1992. Per esempio, che Damien T., lo “schiaffeggiatore”, è un appassionato di arti marziali e di videogiochi, pratica il kendo e divora fumetti giapponesi, e gli piace molto sguazzare tra i vari canali YouTube suprematisti e di estrema destra, come quello del Cercle Richelieu, circolo di nostalgici della monarchia, o dell’antisemita Henry de Lesquen, condannato nel 2018 per incitamento all’odio e contestazione di crimini contro l’umanità. Sull’account Facebook di Damien T., tra le varie pagine “likate”, figura anche quella dell’Action française Lyon, e nel suo recente passato si registrano studi, mai terminati, di tanatoprassi, ossia il trattamento estetico delle salme prima delle esequie. Intervistato dall’Afp, Loïc Dauriac, amico di Damian T., si è detto “sorpreso” di quanto accaduto, perché “non è un tipo violento” e in più “non ha mai mostrato opinioni politiche”. Perché allora ha esclamato “Montjoie Saint-Denis!”, grido di guerra dei Capetingi usato come slogan dalla destra monarchica? Secondo Dauriac, non c’era alcun riferimento “royaliste”, quanto piuttosto un’allusione al film “Les Visiteurs” del 1993, con Jean Reno.
Assieme al complice Arthur C., con cui si trova ora in stato di fermo, Damien T. ha fondato due associazioni di antiche arti marziali europee. Ma soprattutto, secondo le informazioni del Figaro, gravitano entrambi attorno alla galassia dei “gilet gialli”. Prima dell’aggressione, si erano presentati come “anarchici” e avevano partecipato a un piccolo raduno di venticinque persone a Valence, poco distante da Tain-l’Hermitage, che riuniva una dozzina di agricoltori, alcuni militanti di estrema sinistra, e soprattutto un gruppo di “gilet gialli”. Un giornalista di Quotidien, celebre trasmissione di infotainement francese, aveva tentato di intervistare i due ragazzi a poche ore dall’arrivo di Macron, ignaro, naturalmente, delle loro intenzioni. Nelle immagini trasmesse dal programma martedì sera, Damien T. e Arthur C. rimangono quasi in silenzio, infastiditi dall’intervistatore, lasciando parlare una terza persona, che spiega di avere “alcune cose da dire” al capo dello stato in merito al “declino della Francia” cui avrebbe ampiamente contribuito. Fino a ieri sera, le motivazioni che hanno spinto i due uomini ad agire erano ancora sconosciute. Durante lo stato di fermo, secondo le informazioni del Parisien, Damien T. non ha dato alcuna spiegazione né fatto alcuna rivendicazione. Una fonte vicina al dossier evoca una specie di “poltiglia ideologica” nella sua testa.