L'intervista

Per Biden e Putin la prima difficoltà sarà ascoltarsi

Micol Flammini

Le aspettative sono basse ma il vertice di Ginevra “è già un risultato”, ci dice Mark Galeotti. Il presidente americano dovrà dimostrare fermezza ma senza far sentire il capo del Cremlino all'angolo, quando si sente sotto attacco è più pericoloso 

Le aspettative sono molto basse per l’incontro fra Joe Biden e Vladimir Putin che si terrà oggi a Ginevra. Il presidente americano ci arriverà dopo un tour quasi trionfale tra gli europei, ma stanco dopo una settimana di vertici, accordi, discussioni e spostamenti. Il capo del Cremlino, invece, ci arriverà quasi per inerzia, ma già contento di sapere che l’uomo che gli ha dato dell’assassino si siederà al suo fianco per parlare. Le aspettative sono così basse che non c’è margine per la delusione, ma viene da chiedersi perché i due leader abbiano deciso di incontrarsi, quando lo spazio per delle trattative  è così ristretto. Per Mark Galeotti, scrittore e tra i più attenti analisti di politica e intelligence russa, le ragioni che hanno portato a questo incontro svogliato sono due: "Credo ci sia una ragione immediata e una a lungo termine. Quella a lungo termine è dettata dalla consapevolezza che le relazioni tra Russia e Stati Uniti sono così terribili, che potrebbe essere un’occasione per cominciare a sbloccarle. Nessuno pensa che ci sarà chimica o magia o comunione di anime tra i due, ma questo incontro può dare la possibilità di rinnovare il dialogo militare, il controllo degli armamenti o per il ritorno dei diplomatici nelle rispettive ambasciate, che probabilmente è già stato negoziato”. Potrebbe essere un passo piccolissimo, un’esplorazione che in futuro porterà dei risultati. Poi però c’è la ragione immediata: “Credo  che l’incontro sia il prezzo che Mosca ha chiesto agli americani per il ritiro delle truppe dal confine con l’Ucraina”. 

 

Tanti dei problemi tra Russia e Stati Uniti ruotano attorno al fatto che il dialogo rimane difficile, complesso. Le due parti non si capiscono e non sono interessate a capirsi. Eppure, per Galeotti, la parte emozionale sarà fondamentale, lo è sempre, ma forse questa volta ancora di più. “Biden dovrà ripetere a Putin delle cose ovvie. Dovrà dirgli che ci sono delle linee rosse che non possono essere superate, ma per passare il messaggio in modo che sia compreso dovrà creare un contesto emozionale adeguato. Con questo non voglio dire che la politica americana debba rincorrere i sentimenti di Putin, ma comprenderli  potrebbe essere importante. Gli Stati Uniti non capiscono come il presidente russo vede il mondo, il carico di rabbia, il senso di tradimento che la generazione del capo del Cremlino si porta dentro, il senso di spavento per la perdita di una superpotenza che loro vogliono continuare a preservare. Per parlare con Putin, Biden dovrà usare  fermezza, ma senza far sentire il presidente russo in un angolo, perché se viene messo in un angolo, Putin morde”. E’ anche importante che la schiettezza sia tenuta lontana dallo sguardo del mondo, “se l’America vuole essere dura dovrà dare delle rassicurazioni a Putin”. Capire le paranoie che bloccano il Cremlino non è tanto una mossa per far sentire la Russia a suo agio, tranquilla e libera di portare avanti la sua politica aggressiva, è la strada per ottenere da Putin ciò che il presidente americano vuole: “Biden vuole che la Russia la smetta di creare problemi, perché vorrebbe spendere meno tempo possibile e meno capitale politico possibile dietro a Mosca. Le sue priorità sono la Cina a livello internazionale e la ripresa dalla pandemia a livello interno. Se sono questi i suoi obiettivi, deve iniziare a capire meglio Putin”. Dice Galeotti che c’è una lezione che la Russia sembra aver interiorizzato: se vuole l’attenzione dell’America deve gridare e minacciare. Anche Putin non sa capire gli americani e corre il rischio di interpretare male Biden che, tra gli ultimi capi della Casa Bianca incontrati, è quello con più esperienza. “C’è il rischio che il presidente russo pensi che Biden sia debole e questo potrebbe indurlo ad aumentare la tensione”. E sarebbe un errore strategico che potrebbe portare la Russia a un maggior isolamento. 

 

“L’isolamento della Russia è un concetto un po’ esagerato – dice Galeotti al Foglio – Mosca è presente in molti scenari internazionali, in Africa, in Asia, in America latina. Anche in medio oriente, tutti, dall’Arabia Saudita a Israele, parlano con il Cremlino. E’ un isolamento che riguarda soprattutto l’occidente, ma se si analizzano anche i paesi europei, ci sono molte sfumature. L’Italia per esempio non ha nei confronti della Russia lo stesso atteggiamento della Polonia. Putin non considera l’isolamento una cosa positiva, ma questo livello di isolamento è sostenibile, perché è il costo da pagare per la Crimea o per i suoi sforzi per impedire l’adesione dell’Ucraina alla Nato”. Putin è un leader che sta invecchiando e con lui la sua classe politica, il suo sistema, “ma questa ancora non è debolezza, ha  il controllo della Russia, degli apparati di sicurezza e ha anche la legittimazione popolare e questo incontro, già solo per il fatto che avvenga, per lui è una vittoria”. 

 

I rischi ci sono per questo vertice, ma Ginevra, la città dell’incontro tra Reagan e Gorbaciov, già sa che questa volta sarà diverso. A insistere sulla necessità di non presentare elementi di continuità con il vertice del 1985, sempre per tenere le aspettative basse, è stato il capo del Cremlino, che sarà accolto dalla città svizzera con un enorme murale dipinto per il suo arrivo che raffigura la persona di cui non vuol sentir parlare: Alexei Navalny. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)