Alice odia i maschi
Coffin è la star del femminismo francese che predica la “tolleranza zero” anti-uomini
Il settimanale Obs l’ha incoronata “nuova guerrigliera” del femminismo francese. La sua amica Christine Le Doaré, ex presidente di Sos Homophobie, l’ha definita una “neofemminista tendenza queer, relativismo culturale e intersezionalità”. Lei, Alice Coffin, lascia che siano gli altri a descriverla come meglio credono, ma vuole che sia chiara una cosa: per combattere la “dominazione maschile” e la “società patriarcale” francese “bisogna eliminare gli uomini dalle nostre menti, dalle nostre immagini, dalle nostre rappresentazioni”.
Quarantatré anni, originaria di Tolosa, fondatrice dell’Association des journalistes Lgbti e attuale consigliera comunale a Parigi in quota ecologista (Eelv), Alice Coffin è la nuova egeria del mondo femminista francese, la portavoce delle battaglie più radicali, una che in televisione invoca la “tolleranza zero” contro gli uomini e dice che “non avere un marito mi espone a non essere stuprata, uccisa e picchiata”.
Fino a un anno fa, il suo volto era poco noto ai più, mentre nella galassia Lgbti era già una star in ragione del suo attivismo militante. Poi, nel settembre 2020, l’hanno scoperta tutti con la pubblicazione del suo “Génie lesbien” (Grasset), un libro rabbioso contro quelli che considera i suoi principali nemici: gli uomini. “Non basta aiutarci a vicenda (tra donne, ndr), ora tocca a noi eliminarli (gli uomini, ndr)”, scrive la Coffin nella sua opera, brandita dalle neofemministe come il nuovo manifesto delle loro lotte, una specie di “Deuxième sexe” del XXI secolo. “Non leggo più i libri degli uomini, non guardo più i loro film, non ascolto più la loro musica. Ci provo, quantomeno (…). Le produzioni degli uomini sono il prolungamento di un sistema. L’arte è un’estensione dell’immaginario maschile. Hanno già infestato il mio spirito. Mi preservo evitandoli. Cominciamo da questo”, scrive l’attivista Lgbti. La misandria è il leitmotiv della sua militanza, e più precisamente l’ostilità verso l’“uomo bianco”, come viene sottolineato sul sito di uno dei collettivi di cui è membro, La Barbe, “un gruppo d’azione femminista che denuncia il monopolio del potere, del prestigio e dei soldi da parte di alcune migliaia di uomini bianchi”.
Lo scorso 2 giugno, durante una seduta del Consiglio comunale parigino, sono state esaminate alcune proposte di sovvenzioni destinate ai luoghi culturali della capitale. In particolare si è parlato di un finanziamento di 620 mila euro al Théâtre de la Bastille, su cui nessuno aveva da obiettare, tranne la Coffin. Quando è arrivato il suo turno, ha denunciato l’eccessiva presenza maschile, “dodici uomini e soltanto tre donne” tra gli autori delle opere programmate, spiegando che prima di procedere allo sblocco di una sovvenzione bisognerebbe contare il numero di persone di sesso femminile che lavorano o si esibiscono nei luoghi culturali parigini: chi non rispetta le quote, niente soldi. La femminista lesbica Caroline Fourest, che un tempo militava accanto alla Coffin, denuncia oggi “l’approccio essenzialista, binario e vendicativo” della sua ex compagna di lotte: un approccio che “distrugge anni di rivoluzione sottile”.
Dalle piazze ai palazzi