In Francia alle regionali tiene il bipolarismo, che penalizza Macron
Per la prima volta il partito della Le Pen potrebbe conquistare una o più regioni. E il voto rischia di essere uno schiaffo per il presidente prima della corsa all'Eliseo
C’è chi dice che aver anticipato la rimozione dell’obbligo di mascherina all’aperto (dal 17 giugno) e la fine del coprifuoco (dal 20 giugno), misure inizialmente previste per il 30 giugno, sia stata una mossa puramente politica da parte del presidente Emmanuel Macron, un tentativo di limitare i danni per la République en marche (Lrem) in vista delle elezioni regionali. Il primo turno si terrà questa domenica, il secondo sette giorni dopo, e nella macronia si teme una bérézina elettorale, uno schiaffo di quelli che fanno male, anche perché si tratta dell’ultimo test prima delle presidenziali. Le uniche speranze dei marcheurs, seppur lievissime, sono condensate in Bretagna e nel Centro-Valle della Loira, perché nelle altre regioni se la giocheranno gollisti e socialisti, con Marine Le Pen e il suo Rassemblement national pronti all’imboscata.
Per la prima volta, infatti, il partito della destra identitaria potrebbe conquistare una o più regioni (i migliori sondaggi danno addirittura Rn vincente in sei regioni su un totale di dodici). Le principali attenzioni sono rivolte al Paca, la regione di Nizza e Marsiglia, dove Thierry Mariani, ex ministro di Nicolas Sarkozy passato al lepenismo, è favorito contro il presidente uscente del consiglio regionale Renaud Muselier, candidato dei Républicains sostenuto dal partito macronista. Negli Hauts-de-France, terre tradizionalmente di destra, l’attuale presidente Xavier Bertrand, pezzo grosso del gollismo nonché candidato all’Eliseo, è tallonato dal rivale Rn Sébastien Chenu, mentre Karima Delli (Unione della sinistra) è ampiamente distanziata. E’ qui, nel profondo nord della Francia, che Macron ha provato a mettere in lista cinque ministri, Gérald Darmanin (Interno), Éric Dupond-Moretti (Giustizia), Agnès Pannier-Runacher (Industria), Alain Griset (Pmi) e Laurent Pietraszewski (Pensioni), con la speranza di guastare il duello annunciato tra Lr e Rn. Giovedì, nel quadro del suo “Tour de France” alla conquista dell’elettorato popolare, si è anche mosso di persona per disturbare la campagna di Bertrand, “l’uomo da abbattere”, secondo molti, ma gli ultimi sondaggi danno comunque la lista Lrem guidata da Pietraszewski a venti punti percentuali dal candidato gollista.
E le altre regioni? L’Île-de-France, la regione parigina, è ormai il giardino di Valérie Pécresse, ex ministra dell’Università di Sarkozy e liberale: l’ultima rilevazione la dà al 34 per cento al primo turno, il doppio dei suffragi di Jordan Barella, il delfino di Marine Le Pen, e agilmente vincente al secondo. La destra gollista è favorita anche in Normandia e nell’Alvernia-Rodano-Alpi, dove Laurent Wauquiez, portabandiera dell’ala conservatrice di Lr, ha il suo feudo. Nel Grand Est, la regione di Strasburgo, il presidente uscente Jean Rottner potrebbe invece avere qualche difficoltà a battere il sovranista Laurent Jacobelli. La sinistra socialista, salvo cataclismi, dovrebbe invece conservare la Nuova-Aquitania e l’Occitania, anche se in quest’ultima è minacciosa l’ombra di Jean-Paul Garraud (Rn).
Queste regionali, insomma, potrebbero confermare l’incapacità della République en marche di radicarsi nel territorio già osservata in occasione delle elezioni comunali dello scorso anno. Il bipolarismo storico gollismo-socialismo invece resiste, ma a differenza del 2015, il lepenismo potrebbe creare la sorpresa. Come riportato dall’Afp, il presidente francese, piazzando quindici ministri nelle liste Lrem per le regionali (tra gli altri, anche Marlène Schiappa, ministra delegata alla Cittadinanza, in Île-de-France), ha cercato di “nazionalizzare” lo scrutinio, minimizzando allo stesso tempo la portata dei risultati che usciranno dalle urne. “Le elezioni comunali a Parigi sono state un naufragio per Lrem, ma ciò influenzerà il 2022? No, non interessa a nessuno”, ha dichiarato in forma anonima all’Afp un ministro di peso dell’esecutivo, dicendo di “fregarsene” dell’esito delle regionali. Secondo l’editorialista del Monde Françoise Fressoz, più che il risultato finale di domenica 27, conta il “il post regionali”, quando Macron dovrà mostrarsi capace di “perpetuare il modello politico che lo ha visto nascere”. Oltre la destra e oltre la sinistra.