Con le dimissioni di Löfven, la Svezia fa un passo verso l'ignoto
Il premier uscente ha scartato l'ipotesi elezioni anticipate, ma adesso il presidente del Parlamento ha quattro tentativi a disposizione per evitarle
La Svezia ha fatto un salto verso l’incognito, dopo che il premier Stefan Löfven oggi ha dato le dimissioni a seguito della crisi che si è aperta la scorsa settimana per il voto di sfiducia in Parlamento sulla riforma degli affitti regolamentati. Löfven non è riuscito a convincere il partito della Sinistra, che garantiva l’appoggio esterno al governo ma che è stato all’origine della sfiducia per la sua contrarietà alla liberalizzazione degli affitti, a rientrare nei ranghi. Di fronte allo stallo Löfven aveva due possibilità: andare a elezioni anticipate a un anno dalla scadenza naturale oppure lasciare l’incarico con il rischio di permettere a conservatori e liberali di formare un governo con il sostegno dell’estrema destra dei Democratici svedesi. Alla fine Löfven ha scartato le elezioni anticipate perché nel contesto della pandemia “è meglio per la Svezia”. Ma è stata “la decisione più difficile della mia vita”, ha ammesso l’ex premier.
Ora il presidente del Parlamento, Andreas Norlén, condurrà le consultazioni per trovare un premier e una maggioranza. Ha quattro tentativi a disposizione prima che la Svezia vada a elezioni anticipate per la prima volta nella sua storia, che rischierebbero di essere inconcludenti e produrrebbero comunque un governo di durata limitata, dato che la Costituzione impone di tornare comunque alle urne nel settembre del 2022. E’ probabile che il primo tentativo di Norlén sia di resuscitare la maggioranza Löfven. Ma un cambio di governo non è da escludere. “E’ importante evitare un governo conservatore di destra”, ha detto Löfven. I Liberali e il Centro, che avevano garantito l’appoggio esterno a Löfven, sono pronti ad allearsi con i Moderati, il principale partito all’opposizione. In aprile hanno anche aperto a un’intesa per un appoggio esterno dell’estrema destra. Le origini neo-naziste dei Democratici svedesi non spaventano più, dopo che il loro leader, Jimmie Åkesson, ha moderato alcune posizioni. Le esperienze in Danimarca e Finlandia mostrano che l’effetto dirompente dei populisti è limitato. Il Partito del popolo danese e i Veri Finlandesi hanno perso appeal dopo aver sostenuto i governi di centrodestra a Copenaghen e Helsinki.