Perché le bombe di Biden in Siria e Iraq (di nuovo)
Gli americani hanno perso la superiorità aerea in medio oriente da quando le milizie usano i droni iraniani
Ieri prima dell’alba aerei americani hanno bombardato tre siti lungo il confine fra Siria e Iraq, molti vicini tra loro e usati dalle milizie filoiraniane. E’ il secondo raid aereo di questo tipo ordinato dall’Amministrazione Biden – gli aerei americani avevano già colpito un altro sito delle milizie filoiraniane a febbraio, sempre nella stessa area. In serata c’è stata una rappresaglia delle milizie con razzi contro una base in Siria e altri raid americani. La ragione di queste operazioni l’ha spiegata il 20 aprile il comandante del CentCom americano – il Comando centrale, la divisione del Pentagono che si occupa delle operazioni in medio oriente – Kenneth McKenzie in audizione al Congresso: “Per la prima volta dalla guerra di Corea (negli anni Cinquanta, ndr), operiamo senza avere più la superiorità aerea completa”. Gli americani non hanno più il controllo completo del cielo perché da aprile le milizie filoiraniane usano droni suicidi di fabbricazione iraniana che colpiscono le basi americane senza essere intercettati. Hanno lanciato dieci attacchi e hanno usato droni di tre tipi, con un’apertura alare che va dai due ai cinque metri e la capacità di portare fino a 30 chilogrammi di esplosivo, e sono tutti guidati con una rotta dettata dal Gps e non da un operatore remoto. Una volta che sono lanciati continuano a volare a bassa quota da soli ed esplodono sul bersaglio. Sono molto più precisi dei razzi: un razzo colpisce a caso dentro il perimetro di una base, un drone colpisce un singolo edificio dentro una base. Il 14 aprile le milizie filoiraniane hanno centrato un hangar dentro l’aeroporto internazionale di Erbil, in Kurdistan, nel nord dell’Iraq, che serve da base per la Cia. Non è chiaro se sapessero che era l’hangar della Cia, ma la capacità dei miliziani di colpire con più precisione e senza essere fermati rende i loro attacchi più pericolosi rispetto a prima.
Prendiamo il mese di giugno. Domenica 6: doppio attacco di droni contro la base di al Asad, quella dove era atterrato Donald Trump nella sua visita in Iraq. Mercoledì 9: un drone contro la mensa della Coalizione dentro l’aeroporto internazionale di Baghdad. Martedì 15: doppio attacco di droni di nuovo contro la base nell’aeroporto di Baghdad. Domenica 20: drone contro al Asad. Domenica 27: quattro droni contro l’area di Erbil che contiene il consolato americano e le case di politici importanti del Kurdistan – e considerato che le milizie filoiraniane detestano i curdi suona come un avvertimento. Gli esperti che hanno esaminato resti e fotografie sono unanimi. I droni sono gli stessi già usati da altre milizie filoiraniane nella regione, come gli Ansar Allah dello Yemen che li usano per attaccare raffinerie e aeroporti sauditi, e la tecnologia usata non è a disposizione delle milizie ma è a disposizione dell’Iran.
Il raid americano di ieri ha ucciso quattro miliziani e ha colpito due siti in Siria e uno in Iraq. Il governo iracheno ha molto protestato e lo straordinario sbilanciamento di questa guerra sta tutto qui. L’Iran bombarda con le sue milizie e gli attacchi non fanno notizia in occidente. I raid americani sono dichiarati in via ufficiale dal Pentagono e scatenano un putiferio diplomatico. E’ come se l’opinione pubblica internazionale vedesse soltanto una parte e l’altra no: Biden fa la figura di uno che prende a pugni un fantasma. Un’ultima nota interessante: durante il periodo finale della presidenza Trump, quando si temeva che lui volesse attaccare l’Iran, gli attacchi delle milizie filoiraniane in Iraq erano scesi quasi a zero, adesso sono otto al mese.