In Inghilterra
323 sospiri di sollievo
Kim Leadbeater ha vinto per un soffio l’elezione suppletiva di Batley and Spen, il seggio che fu di sua sorella Jo Cox. Il leader del Labour, Keir Starmer, festeggia, ma la sfida interna (capitanata dalla sua vice) è solo rimandata
Kim Leadbeater ha vinto l’elezione suppletiva di Batley and Spen, il seggio che fu di sua sorella Jo Cox, la deputata che fu assassinata da un suprematista bianco nel 2016, proprio qui, mentre usciva da un incontro con i suoi elettori. Il Labour ha tirato un sospiro di sollievo, anzi 323 sospiri, come il numero dei voti che hanno permesso alla Leadbeater di sconfiggere il candidato conservatore, Ryan Stephenson, che era dato per favorito.
A guardare i numeri c’è poco da stare allegri, ma il Labour di questi tempi si accontenta di non prendere batoste irrimediabili e di non aggiungere record negativi a una stagione politica invero infelice. Alle elezioni del 2019, il Labour aveva conquistato il 42,7 per cento dei voti, ora il 35,2 ma il crollo non è dovuto a un’avanzata dei Tory (che anzi sono passati dal 36 al 34,3 per cento dei voti: Stephenson sperava di vivere della rendita delle liti tra gli avversari) quanto a un sorprendente 21,9 per cento di George Galloway, il candidato del Partito dei lavoratori o meglio il candidato sfascia-Labour che non voleva vincere a Batley and Spen: voleva che perdesse la Leadbeater e che la sconfitta portasse alle dimissioni del leader del Labour, Keir Starmer. Galloway, ultrasessantenne illiberale amico dei dittatori mediorientali, è stato sconfitto due volte: è la quinta elezione di seguito che perde (si candida ovunque possa guastare la festa) e Starmer è sopravvissuto.
In queste settimane di campagna elettorale Kim Leadbeater è caduta ogni tanto nelle trappole tese da Galloway. Ma il suo sorriso granitico si è rivelato un asset importante: per la working class, che è il bottino elettorale che vanno cercando tutti in queste terre britanniche impoverite e insofferenti scivolate verso la Brexit e verso i Tory, la Leadbeater è stata la candidata della porta accanto, consapevole dei problemi locali, “normale, che parla e appare come i suoi concittadini e quindi può essere credibile come rappresentante a Westminster”, ha scritto Paul Mason sul New Statesman.
Poi ha contato molto la mobilitazione: sono arrivati a Batley and Spen parecchi volti noti del Labour a livello nazionale (alcuni non sono stati accolti bene), ma soprattutto si è messa in moto la rete di attivisti e di volontari locale, con incontri, canvassing, messaggi e accompagnamento ai seggi che sono risultati decisivi. Questo elemento però illumina la frattura del Labour: l’ala corbyniana del partito rivendica la paternità di questa mobilitazione e vuole utilizzarla nella sua battaglia contro la leadership di Starmer. A capitanare questa rivolta interna è stata Angela Rayner, numero due del Labour, uno dei pochi ponti con il passato corbyniano che Starmer ha tenuto in piedi non senza ripensamenti e ostilità. La Rayner si preparava alla sconfitta del Labour alle suppletive raccogliendo endorsement (soprattutto tra i sindacati) per un’eventuale sfida a Starmer: alcuni sostengono che sia stata utilizzata dai corbyniani ma che lei sia più pacifica di loro, ma ora le conseguenze probabilmente sarà lei a pagarle. E i 323 sospiri di sollievo di Starmer & Co. non basteranno a calmare questo scontro, soprattutto in una circoscrizione come questa che è laburista da decenni.
Anche fra i Tory ci sono molti musi lunghi. Pure lì è in corso una resa dei conti, come dimostra lo scandalo del video dei baci adulterini dell’ormai ex ministro della Salute Matt Hancock, ripreso dalle telecamere del suo stesso ufficio al ministero. E infatti ieri, nell’amarezza per quella che avrebbe dovuto essere una vittoria, sbucava in ogni dove il fermoimmagine di Hancock: un bacio all’amante forse costa 323 voti perduti che avrebbero fatto la differenza.