Foto LaPresse

La sentenza

La Corte suprema americana fra necessità di trasparenza e diritto alla riservatezza

Pasquale Annicchino

Con una decisione a maggioranza (6-3), si è stabilito che la California non può richiedere alle Ong che fanno raccolta fondi nello stato di rivelare l’identità dei principali donatori. Un caso

Come bilanciare la necessità di trasparenza delle donazioni a fondazioni e organizzazioni non governative e, allo stesso tempo, preservare il diritto alla riservatezza dei donatori che sostengono determinate cause? Il tema emerge sempre più spesso nelle nostre democrazie pluraliste e chiama a decisioni difficili. Lo abbiamo visto, nel nostro piccolo, anche in Italia con la legge n. 3 del 9 gennaio 2019 che ha introdotto delle misure per la trasparenza dei partiti e dei movimenti politici e delle fondazioni con particolare riferimento al loro finanziamento. L’altro ieri, con una decisione a maggioranza (6-3), la Corte Suprema degli Stati Uniti è intervenuta sul tema stabilendo che lo stato della California non può richiedere alle organizzazioni no profit che fanno raccolta fondi nello stato di rivelare l’identità dei principali donatori.

 

La causa è stata promossa dalla Americans for Prosperity Foundation, un gruppo affiliato con la famiglia Koch, e il Thomas More Law Center. Due istituzioni che gravitano nell’orbita delle cause repubblicane e che intravedono nel livello di trasparenza richiesto dallo stato della California la possibilità di subire ripercussioni a causa delle idee da loro sostenute. La legge californiana richiedeva alle organizzazioni di inviare un modulo (IRS 990) all’agenzia delle entrate che nell’allegato B identificava i donatori più importanti. Tali moduli sarebbero dovuti restare riservati, ma in alcuni casi sono stati addirittura resi pubblici. Per il giudice Roberts, autore dell’opinione di maggioranza, non c’è dubbio sulla necessità di avere una disciplina sulla trasparenza dei finanziamenti, tuttavia questa disciplina deve essere puntuale, mirata e proporzionale.

 

Gli stessi precedenti della Corte per ciò che riguarda il contesto elettorale sono molto chiari sul punto. Ma per i giudici in maggioranza è necessario distinguere il caso delle organizzazioni no profit, non direttamente coinvolte nella dinamica elettorale. Decisivo al fine di questa distinzione è stato anche il gran numero di interventi di organizzazioni non governative che hanno chiesto alla Corte di censurare la legge californiana. Tra queste: l’American Civil Liberties Union, la Electronic Frontier Foundation, il Council on American-Islamic Relations. Per la maggioranza della Corte i requisiti di trasparenza imposti possono andare a incidere sulla libertà di associazione e d’espressione, infatti “i ricorrenti hanno dimostrato come loro e i loro sostenitori siano stati oggetto di minacce, proteste, stalking e violenze fisiche”.

 

Tali rischi aumentano nelle nostre società sempre più polarizzate e con un ruolo crescente delle tecnologie digitali. Basta pensare alle campagne di boicottaggio fondate sulle possibilità di monitorare i donatori delle campagne di Donald Trump o alle dimissioni a cui è stato costretto il ceo di Mozilla Eich Brendan per aver donato mille dollari a supporto della campagna contro il matrimonio dello stesso sesso in California. Nel 2018 una bomba carta è stata inserita nella cassetta delle lettere del filantropo George Soros, noto per il suo supporto a cause progressiste. Per i giudici di maggioranza è  impossibile comprendere la necessità di “ammassare una tale quantità di informazioni sensibili” in quanto le libertà garantite dal primo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti hanno bisogno di “uno spazio per respirare e sopravvivere”. I tre giudici in minoranza intravedono invece nella decisione della Corte un potenziale liberi tutti che potrebbe avere effetti nefasti anche sulla dinamica elettorale. Il dibattito statunitense ci ricorda, ancora una volta, che ipotizzare soluzioni semplici per problemi complessi non è mai un buon esercizio. Le necessità della trasparenza vanno costruite in maniera mirata tenendo conto delle possibili ripercussioni sulle vite degli altri. Che poi sono le nostre.

 

Di più su questi argomenti: