In Afghanistan

“Non pensavo che i talebani potessero tornare”

Gli amici che scappano, la strada per tornare a casa controllata dai talebani, la comunità internazionale "stanca dell'Afghanistan", e poi l'elettricità che manca, tutte le paure nuove che prima non c'erano, i messaggi dei genitori di Zahra: perché non lasci il paese anche tu?

Paola Peduzzi

“Tornavo regolarmente a casa dalla mia famiglia, a Bamiyan, ma da quando gli americani e la Nato sono partiti, non posso più andarci: la strada che collega Kabul a casa è controllata dai talebani. I miei genitori mi dicono: parti, lascia il paese. E da tre settimane non c’è quasi elettricità". Parla Zahra, 25 anni, giornalista tv impaurita

“A essere sincera, non ho mai pensato che i talebani potessero tornare”, dice Zahra, e in un attimo questi vent’anni di guerra in Afghanistan, le conte dei morti e dei soldi spesi, i ripensamenti sui “surge” e i “ritiri”, le polemiche infinite sulle tombe degli imperi e gli imperialismi diventano calcoli freddi, cinici, feroci. Semplicemente gli afghani pensavano che i talebani non potessero tornare, avevano imparato a convivere con la paura delle bombe e degli attacchi, “ma ora la situazione è tutta diversa: i negozi chiudono, la gente vende le proprie cose e cerca di scappare, chi come me va a lavorare è spesso minacciato”.

 

Zahra Rahimi ha 25 anni, è una giornalista di Tolonews, vive a Kabul, si occupa di sicurezza, racconta “storie di pace e di guerra” (mentre ci parliamo sta lavorando sulla conferenza stampa dei talebani a Mosca), e non pensava che sarebbe finita così, che la promessa con cui ha vissuto tutta la vita, i talebani sono stati cacciati, non sarebbe stata mantenuta. “Tornavo regolarmente a casa dalla mia famiglia, a Bamiyan, ma da quando gli americani e la Nato sono partiti, non posso più andarci: la strada che collega Kabul a casa è controllata dai talebani. I miei genitori mi dicono: parti, lascia il paese. Ricevo i loro messaggi tutti i giorni e mi condizionano tantissimo. E da tre settimane non c’è quasi elettricità perché i  talebani hanno distrutto i pali della luce. Tutto, a cominciare dal cibo, è diventato costosissimo, qui e altrove”. E tu te ne andrai? “Spero di sì”, dice Zahra, con la disperazione straziante di chi vorrebbe avere un’alternativa ma sa che non c’è: gli americani non cambieranno idea, i talebani “hanno preso 130 distretti in due mesi”, “se la comunità internazionale facesse un po’ di pressione sui talebani perché rispettino i diritti umani, magari sarebbe qualcosina, ma lo sai, la comunità internazionale è stanca dell’Afghanistan”.

 

La nostra stanchezza va di pari passo con l’assenza di credibilità: tanto gli infedeli vi lasceranno soli, ripetono da anni i talebani agli afghani, non sono affidabili. Zahra ha sempre pensato che fossero bugie e intimidazioni, queste, non pensava che il regime talebano fosse una possibilità. E come lei non lo pensa un’intera generazione di ventenni che ha studiato, ha trovato un lavoro, ha digerito i racconti, le sofferenze e la memoria della propria famiglia e ha ripetuto, credendoci, ai genitori: è finita, la sottomissione ai talebani è finita. “Ho paura che tutto quello che ci siamo conquistati scompaia, che le ragazze e le donne non possano più lavorare, andare a scuola o anche solo uscire di casa senza un accompagnatore”, dice Zahra, pensa a come scappare, “i miei amici vanno in Turchia e poi pensano di andare in Francia”, e manca il fiato per dirle che l’Europa dei sogni è pronta a ritirarsi ma non ad accogliere.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi