Italia e Francia, amici più che nemici
Dal calcio alla diplomazia. Un convegno fa il punto sui rapporti tra Roma e Parigi
L’ambasciatore francese in Italia, Christian Masset, conferma: la vittoria degli Europei da parte dell’Italia è una gioia condivisa, “a Parigi e in altre città francesi si è festeggiato, la Francia ha tifato Italia”. Italia e Francia, come membri fondatori dell’Unione europea, devono trovare nuovi strumenti per parlarsi e coordinarsi. E questo tifo calcistico è quasi il simbolo di un progetto di cui si parla già da un po’, che ha avuto recentemente un’accelerazione e che è tutt’altro che un vuoto contenitore diplomatico. I negoziati per il “Trattato del Quirinale” sono stati aperti nel 2018 tra Paolo Gentiloni e Emmanuel Macron, poi congelati durante i due governi Conte. Mario Draghi, poco dopo essere arrivato alla presidenza del Consiglio, ha annunciato con Emmanuel Macron una nuova fase del dialogo e l’ambizione di chiudere il Trattato entro la fine del 2021.
Durante un convegno all’Accademia dei lincei di Roma – il primo in presenza dopo la pandemia – organizzato dalla Fondazione Ducci (in collaborazione con Sorgente Group) – Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri, ha parlato di “uno spirito di rinnovata amicizia ma soprattutto di rinnovata progettualità tra Italia e Francia”. Che vuol dire anche mettersi d’accordo su vicende in cui non ci si mette d’accordo, “scelte diverse che forse, in una discussione aperta, avrebbero portato a un’evoluzione diverse”. Il riferimento è ovviamente alla Libia, e “sul dossier libico ci dice che c’è bisogno di un metodo di lavoro diverso tra Roma e Parigi” per affrontare le diversità, anche di interessi strategici, dialogando ed evitando che “il vuoto venga riempito da altri”. L’impegno, dice Della Vedova, “è quello di superare i momenti difficili che ci sono stati tra i nostri due paesi anche nel passato recente” perché il lavoro “che Italia e Francia possono fare per l’Europa è decisivo”. Il Trattato del Quirinale è “uno sforzo complesso”, perché investe tutti gli ambiti d’attività dei rispettivi governi per creare dei meccanismi strutturati di consultazione e dare un’agenda: “E’ qualcosa di inedito”, dice Della Vedova, “specialmente per l’Italia – la Francia è già abituata a lavorare in questo modo con la Germania”. Ma è il momento più adatto per parlarne e promuoverlo: l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, presidente dello Iai, dice che nel 2018, poco dopo l’annuncio del trattato, si è aperto “un quadro politico che ha reso impossibile proseguire quel progetto”. E invece oggi c’è una incredibile sinergia e comunione d’intenti. Ci sono delle difficoltà, spiega l’onorevole Piero Fassino, presidente della Commissione esteri e presidente della bilaterale parlamentare Italia-Francia: l’opinione pubblica – e forse pure i media – spesso non sono simpatizzanti quando si tratta di Francia, ma lavorare sulla cultura serve proprio a smentire molti dei luoghi comuni. Poi il lavoro diplomatico: evitare “la passione”, come la chiama Nelli Feroci, dei francesi per le “riunioni ristrette” e sottolineare, sempre, la sinergia.
“E’ importante vedere che tra le cose che condividiamo c’è la storia e c’è anche la cultura – siamo eredi di un patrimonio culturale comune, siamo tra i paesi europei che ci capiamo di più in termini di riferimenti culturali – ma c’è anche l’economia”, dice l’ambasciatore Masset. Che ricorda la visita di stato del presidente della Repubblica Sergio Mattarella del 4-6 luglio scorso, la prima sin dal 2012, che ha tenuto un discorso alla Sorbonna e “lì abbiamo visto una convergenza di visioni”. Per esempio, sulla “sovranità europea, senza la quale non potremmo essere un grande soggetto internazionale. Dobbiamo mettere più geopolitica non solo in Europa ma anche in Africa, la grande sfida che ci si apre davanti”. Tra le altre cose, Masset ha annunciato la creazione di uno scambio di Borse di studio e di un servizio civile italo-francese.