Il saggio sul problema della sinistra quando si diventa troppo woke
L'articolo che i guerrieri culturali d'America condividono, inoltrano, commentano. Se vi siete rotti della wokeness, è per via dei liberal
Secondo i sondaggi, negli ultimi due decenni i democratici si sono spostati a sinistra molto più di quanto i repubblicani si siano spostati a destra e chi ha trasformato la politica americana in una battaglia culturale non sono i conservatori ma i liberal
Kevin Drum è un giornalista americano noto soprattutto per le sue analisi statistiche e grafiche. Il 3 luglio ha pubblicato sul suo blog, Jabberwocking, un articolo dal titolo “Se odi le guerre culturali, prenditela con i liberal”. Poiché lui è un commentatore di sinistra, che ha lavorato al Washington Monthly e a Mother Jones; poiché sta emergendo la tipologia del “democratico anti woke”, che spezza il fronte dei democratici ed è comunque considerato ipocrita dai repubblicani, questo articolo è diventato molto citato e chiacchierato. Così siamo andati a studiarlo.
Giovedì 1 luglio, Drum ha pubblicato una serie di grafici che documentano una tendenza riconoscibile: dal 2000 circa, secondo i dati dei sondaggi, i democratici si sono spostati significativamente a sinistra sulla maggior parte delle questioni sociali più importanti, mentre i repubblicani si sono spostati solo leggermente a destra. Drum cita dati su questioni che vanno dall’aborto alla religione alle armi, il matrimonio omosessuale, l’immigrazione e le tasse. I numeri suggeriscono “l’ovvia conclusione che negli ultimi due decenni i democratici si sono spostati a sinistra molto più di quanto i repubblicani si siano spostati a destra”. Non è personalmente scontento di questo, ma secondo Drum i democratici dovrebbero essere preoccupati del fatto che si stanno allontanando sempre di più dagli elettori del centro. “Ho sottolineato questo punto molte volte prima, e voglio farlo di nuovo oggi. Non sono i conservatori che hanno trasformato la politica americana in una battaglia culturale. Sono i liberal. E questo non dovrebbe sorprendere: quasi per definizione, i liberal sono quelli che spingono per il cambiamento, mentre i conservatori stanno semplicemente rispondendo a qualsiasi cosa facciano i liberal. Più specificamente, i progressisti si sono vantati pubblicamente di spingere il Partito democratico verso sinistra almeno dal 2004, e ci sono riusciti”, scrive Drum.
Secondo il giornalista ciò che conta è ciò che prova l’elettore di centro, e i democratici si sono allontanati sempre di più da questo centro negli anni. Nei grafici di Drum infatti, in una scala da 1 a 10 che indica a un estremo la tipologia “consistentemente liberal” e all’altro “consistentemente conservatore”, nel 1994 i democratici erano prevalentemente attorno a 5 e i repubblicani attorno a 6. Nel 2004: il democratico medio era a 4 e il repubblicano medio era appena sotto 5. In altre parole, entrambi i partiti erano diventati un po’ più liberal. Nel 2017 tutto è cambiato: l’elettorato democratico si trova al 2, cioè vicinissimo al “consistentemente liberal”, mentre i repubblicani sono a 6,5, molto più vicino all’estremo conservatore di quanto lo siano stati negli ultimi trent’anni. Ma tra il 1994 e il 2017, i democratici sono diventati di tre punti più liberal mentre i repubblicani sono diventati circa mezzo punto più conservatori.
Kevin Drum scrive che “la nostra vittoria elettorale nel 2020 è stata sottile come un rasoio, anche se (a) l’economia faceva schifo, (b) eravamo nel bel mezzo di una pandemia, (c) gli elettori avevano avuto quattro anni per vedere com’era veramente Donald Trump, e (d) il nostro candidato era Joe Biden, un uomo mite, amabile, bianco. Questo dovrebbe spaventare a morte i liberal”. Poi Drum cita David Shor, un esperto di dati che si definisce socialista “ma è rigoroso su ciò che i numeri ci dicono”.
L’intervista che Shor ha rilasciato al magazine New York qualche mese fa secondo Drum è “la migliore spiegazione di come si è svolto il 2020”. Secondo le sue analisi, “a livello di sottogruppo, i democratici hanno guadagnato da qualche parte tra lo 0,5 per cento e l’uno per cento tra i bianchi non laureati e circa il 7 per cento tra i bianchi laureati (il che è abbastanza folle). Il nostro sostegno tra gli afroamericani è diminuito di qualcosa come uno o due per cento. E poi il sostegno ispanico è sceso dall’8 al 9 per cento”, e questo fa pensare che “ la polarizzazione nell’istruzione è salita e la polarizzazione razziale è scesa”. Nel 2020, “i conservatori non bianchi hanno votato per i repubblicani a tassi più elevati; hanno iniziato a votare più come i conservatori bianchi”. Gli elettori di Clinton con opinioni conservatrici su crimini, polizia e sicurezza pubblica “erano molto più propensi a passare a Trump rispetto agli elettori con opinioni meno conservatrici su questi temi. E avere opinioni conservatrici su questi temi era più predittivo del passaggio da Clinton a Trump che avere opinioni conservatrici su qualsiasi altro insieme di temi”.
Recentemente, le teorie accademiche bianche sul razzismo – e probabilmente l’intero movimento woke in generale – hanno allontanato molti elettori neri e ispanici moderati. Gli ispanici in particolare si sono mossi nella direzione di Trump nonostante – o forse a causa – della sua posizione sull’immigrazione e sul muro. Sempre secondo Shor, “nel corso degli ultimi quattro anni, i liberal bianchi sono diventati una parte sempre più grande del Partito democratico, e poiché gli elettori bianchi sono selezionati sulla base dell’ideologia più degli elettori non bianchi, siamo finiti in una situazione in cui i liberal bianchi sono più a sinistra dei democratici neri e ispanici su quasi tutte le questioni: tasse, assistenza sanitaria, polizia, e anche su questioni razziali o varie misure di ‘risentimento razziale’. Quindi, dato che i liberal bianchi definiscono sempre di più l’immagine e la comunicazione del partito, questo allontanerà i democratici conservatori non bianchi e li spingerà contro di noi”.
In sintesi: se i democratici insistono con teorie che una grande minoranza di elettori non bianchi rifiuta, sarà difficile mantenere quei margini. I conservatori neri e i conservatori ispanici in realtà non credono a molte di queste teorie intellettuali sul razzismo. Kevin Drum dice che “il Partito democratico è stato spinto talmente a sinistra che anche molte persone non folli ci trovano semplicemente spaventosi. Da un punto di vista elettorale, la storia qui è coerente: i democratici hanno alimentato le guerre culturali diventando sempre più estremi sulle questioni sociali e i repubblicani hanno usato questo movimento per riuscire ad allontanare un segmento del voto bianco non universitario e, più recentemente, il voto non universitario non bianco.”
Drum si chiede allora perché siano invece i conservatori a essere definiti “guerrieri culturali”, quelli che alimentano lo scontro. Per rispondere il giornalista si richiama all’economia comportamentalista. “Per la maggior parte delle persone, perdere qualcosa è molto più doloroso rispetto al piacere di guadagnare qualcosa di valore equivalente. E poiché i conservatori stanno ‘perdendo’ le abitudini e le gerarchie con cui hanno vissuto a lungo, la loro reazione è molto più intensa di quella dei liberal nel tentativo di ottenere i cambiamenti che desiderano. Questo produce un comportamento più spregiudicato da parte dei conservatori, anche se i liberal sono in realtà la fonte principale della polarizzazione”, afferma il giornalista. “I democratici rimarranno per sempre su questa lama elettorale, a meno che non riescano a ritornare indietro, verso il centro”.
Kevin Drum conclude sottolineando che la sua non è ovviamente una proposta popolare tra gli attivisti bianchi, ma che uno sguardo spassionato ai modelli di voto difficilmente permette qualsiasi altra conclusione. Spostarsi a sinistra secondo Drum può aiutare a spronare la base più radicale – il che è un bene in termini di mobilitazione – ma se non è fatto con empatia e tatto rischia di oltrepassare il vasto centro politico del paese, al quale gli attivisti radicali sembrano completamente disinteressati a parlare. Drum offre anche una soluzione che, messa come la messa lui, non sembra nemmeno così complicata. Bisognerebbe passare da “molto a sinistra” ad “abbastanza a sinistra”. Sembra una questione semantica, che cosa ci vorrà mai, invece è il fronte su cui si ritroverà anche il presidente Joe Biden, il più refrattario a combattere le guerre culturali.