La serenata francese alla nazionale italiana

Mauro Zanon

Parole dolci per la squadra di Mancini dallo scrittore Olivier Guez: “Calcio totale” 

“Invincibles”, ha titolato ieri l’Équipe in prima pagina, a corredo di una bella foto: gli azzurri che corrono ad abbracciare Gigio Donnarumma, che aveva appena parato il rigore al giovane centrocampista inglese Bukayo Saka, regalando all’Italia il secondo Europeo di calcio della sua storia. “E’ il trionfo di una mentalità, di una riflessione, di un’esigenza coltivata nel corso di trentaquattro partite senza sconfitte, che ricorderà alle squadre che forse se lo sono scordato che il collettivo è al di sopra di tutto e anche con un attacco con un calibro internazionale così debole, a eccezione del talentuoso Chiesa, ci si può risvegliare un lunedì mattina di luglio con una magnifica corona sulla testa”, ha scritto Vincent Duluc dell’Équipe. Una disamina in cui si ritrova Olivier Guez, che non è soltanto uno dei più grandi scrittori contemporanei francesi (ha vinto il premio Renaudot nel 2017 per “La disparition de Josef Mengele”), ma è anche un fine osservatore e analista del mondo del calcio, mosso da una “passione assurda e divorante” per la palla rotonda, che poi è anche il titolo del suo ultimo libro.

 

“Roberto Mancini ha creato un gruppo incredibile. Non c’erano grandi star tra gli azzurri, ma ognuno ha giocato per l’altro. Ha vinto il collettivo”, dice al Foglio Olivier Guez, prima di aggiungere: “Ci sono tanti spunti interessanti in questa nazionale italiana. Anzitutto, va detto che cambiare stile e imporre una nuova filosofia di gioco è qualcosa che accade molto raramente. Mancini, in questo senso, ha fatto un lavoro impressionante, ha realizzato una rivoluzione culturale”, spiega lo scrittore francese. Quello dell’Italia regina d’Europa è stato “calcio totale” di cruyffiana memoria, sottolinea Guez, “un calcio di abnegazione, dove tutti attaccano e tutti difendono, e tutti sono sostituibili”, ma anche un’alleanza tra football à l’ancienne, con due vecchi volponi come Bonucci e Chiellini che in difesa hanno fatto qualcosa di straordinario, e freschezza dei nuovi volti provenienti da realtà all’estero pressoché sconosciute come il Sassuolo o di realtà da poco al centro dei palcoscenici europei come l’Atalanta”.

 

Per Guez, quello dell’Italia è anche “il trionfo dei bravi ragazzi”, di quella nazionale “di amici” di cui ha parlato Pessina il giorno dopo la semifinale vinta con la Spagna, quando gli azzurri “sono andati a letto con la pancia piena” perché Bernardeschi, che a Coverciano è di casa, ha fatto trovare i vassoi di cornetti alla crema al rientro dalla trasferta di Wembley, e “il cuore gonfio di emozioni” perché il sogno era vicino. È compito arduo citare un giocatore simbolo della vittoria europea dell’Italia, che per distacco sia stato meglio degli altri, “perché gli azzurri si sono completati a vicenda e perché in ogni partita la nazionale italiana ha vinto in maniera diversa”, commenta Guez. “Ma se proprio devo dirne uno – aggiunge – dico Giorgio Chiellini. È stato straordinario, un vero capitano che ha dato l’anima per la squadra”. E ancora: “C’è una cosa che mi impressiona in Chiellini. È un giocatore professionista da ormai vent’anni, ha vinto innumerevoli trofei con la Juventus, ma potrebbe essere il tuo vicino di casa, uno che incontri per le scale del tuo condominio e con cui scambi due chiacchiere. È la grande differenza con i calciatori moderni, come per esempio Mbappé e Pogba. La semplicità di Chiellini e il suo sorriso bonario, senza naturalmente dimenticare quel pizzico di furbizia come si è visto durante il siparietto pre-rigori con Jordi Alba, sono stati l’essenza della nazionale di Mancini”.  
 

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