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Black Lives Matter sta più con il regime cubano che con il popolo cubano
E' tutta colpa dell'embargo "disumano" degli americani se ci sono le proteste a Cuba? Blm pensa di sì, ma prendersela con gli Stati Uniti non salverà i cubani dalle brutture del regime
Black Lives Matter (Blm) ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna il trattamento “disumano” dei cubani da parte del governo statunitense e in cui chiede al presidente Joe Biden di togliere l’embargo decennale contro Cuba. Di fatto, Blm, che è il più potente aggregatore di proteste a livello mondiale, ribadisce quel che dice il regime cubano: tutta colpa degli americani. Il comunicato spiega che l’embargo, “questa politica disumana e crudele”, è stato creato “con l’intenzione esplicita di destabilizzare il paese e di svilire il diritto dei cubani a scegliere il proprio governo”, ed è “al cuore della crisi attuale di Cuba”. Secondo Blm, “il popolo di Cuba è punito dal governo americano perché il paese ha mantenuto fede alla propria sovranità e all’autodeterminazione”.
Le proteste continuano a Cuba da domenica e si stanno ampliando: sono contro il regime del presidente Miguel Díaz-Canel e sono determinate dalla disperazione, dai prezzi inaccessibili, dalla scarsità di cibo e medicinali, dall’iperinflazione, dai blackout e dai turisti che non arrivano più. Díaz-Canel denuncia “la politica di asfissia e soffocamento” dell’America, proprio come Black Lives Matter, e intanto organizza la repressione delle proteste. L’alibi dell’embargo americano funziona bene per la leadership cubana e per tutti quelli che la sostengono. Ma “al cuore della crisi attuale” non c’è l’embargo, o almeno ridurre tutto all’embargo non aiuta di certo il popolo di Cuba.
La leadership cubana ha da tempo un problema di legittimità: Fidel Castro era molto popolare, suo fratello Raul meno, l’attuale presidente non lo è quasi per niente. Anche perché negli ultimi anni, in seguito alle aperture di Barack Obama e poi alle restrizioni imposte da Donald Trump, il governo cubano ha dovuto imporre delle misure di austerità, cosicché ora l’opposizione interna è un mix unico di anti comunisti e di anti rigoristi. L’austerità serviva al governo per provare a ribaltare quel che è il punto debole dell’economia cubana: la dipendenza assoluta dalle importazioni. Se hai un’economia di questo tipo, che non produce quel che hai bisogno, e sei sotto embargo, la sopravvivenza diventa difficile, ancor più se i tuoi sostenitori, come Russia e Cina, sono ideologicamente molto solidali, ma all’atto pratico non sempre generosissimi.
Poi ci sono le contingenze: la pandemia ha aumentato in modo drastico la necessità delle importazioni e una delle riforme introdotte dal regime è stata quella di mettere fine al sistema delle due valute (il pesos locale e quello “forex” che ha creato diseguaglianze e compensazioni mostruose), cosa di per sé necessaria, ma che, in concomitanza con la pandemia e con il collasso del settore turistico, ha creato un’iperinflazione che ha azzerato l’accessibilità ai beni di prima necessità e allungato le file per il cibo. E’ da qui che nascono le proteste, che non sono contro l’embargo americano (che è ovviamente detestato, ma essendoci dal 1962 non è considerato un detonatore della crisi attuale), ma contro un regime poco popolare che ha perso il controllo della situazione. Per questo ricorre all’alibi anti americano e alla repressione: i suoi fondamentali.
Black Lives Matter aggrega attorno a sé la protesta contro l’America, come ha fatto con la declinazione “Palestinian Lives Matter” contro “l’apartheid di Israele”. Lì non accusa mai Hamas, qui non accusa mai il regime cubano.