Chi è Adam Bodnar, la guardia del corpo della democrazia polacca

Micol Flammini

L'ultima battaglia è stata quella contro la sentenza della Corte costituzionale polacca sulla Cgue, ora il suo mandato da difensore civico è terminato. L'avvocato ha lottato contro l'illiberalismo su tre fronti: l'europeismo, i diritti civili e la libertà di stampa. Per l'Ue è una sentinella, per l'opposizione un alleato, per il PiS un tormento

La parola Polexit è ormai un tormento in Polonia. Non che l’uscita di Varsavia dall’Ue sia davvero in discussione, ma la sentenza della Corte costituzionale polacca, che mercoledì ha stabilito che le misure cautelative o provvisorie imposte dalla Corte di giustizia dell’Ue (Cgue) non sono in linea con la Costituzione di Varsavia, ha segnato una cesura piuttosto profonda tra il governo polacco e l’Unione europea. Il governo polacco non si riconosce nel diritto europeo e l’Ue non può accettare l’idea distorta  di stato di diritto che il partito di nazionalista PiS e gli altri che siedono con lui nella maggioranza stanno coltivando. Gira una vignetta sui social polacchi: un palloncino a forma di cuore con le stelle europee vola via dalle mani di una bambina vestita con i colori della Polonia. La bambina lo guarda allontanarsi e grida “nie”, no. Lasciare l’Ue per tanti polacchi vuol dire lasciarsi scappare il futuro dalle mani, come un palloncino che vola via. E c’è una persona che in questi ultimi cinque anni ha lottato con tutte le sue forze per evitare che questo accadesse. Adam Bodnar è il difensore civico, ​​l’ombudsman dei diritti dei cittadini, che dal 2015, anno in cui si è insediato il  governo del PiS, fa da guardia del corpo della democrazia polacca. Il mandato di Bodnar è scaduto ieri e la coincidenza è amara: si era battuto fino all’ultimo contro le posizioni della Corte costituzionale polacca sulla Cgue e la sentenza è arrivata proprio allo scadere del suo mandato, ma prima di arrivare alla fine, e prevedendo l’esito della sentenza, aveva intrapreso un “tour della Costituzione”, per spiegare ai polacchi che non era affatto vero che le misure della Corte di giustizia europea non rispettano la legge polacca, anzi è tutto costruito su misura: Polonia e Ue sono due sistemi che si bilanciano, quando uno viene meno ed esce dalle righe, l’altro funziona da garanzia. 

 

 

L’altra grande battaglia è stata quella per la tutela del pluralismo. Il PiS sta cercando di applicare in Polonia un sistema orbaniano, in cui la stampa è per la maggior parte nelle mani di imprenditori vicini al governo. L’azienda petrolifera Orlen era sul punto di comprare il gruppo Polska Press che comprende oltre venti testate locali e nazionali. Alla fine  è riuscita nel suo intento, ma Bodnar ha ritardato  l’acquisizione di qualche mese, incassando anche una prima vittoria contro l’azienda. Il suo metodo è semplice: quello che accade va spiegato e il tempo in cui è riuscito a mantenere Polska Press libera da Orlen per lui è stato utile per mostrare ai polacchi cosa stava avvenendo:  i dati dicono che i lettori delle testate di Polska Press sono diminuiti, se sia un effetto Bodnar non c’è modo di verificarlo. Il PiS, che già di lui e delle sue battaglie non ne poteva più, ha cercato di accelerare la scadenza del suo mandato, ma senza successo. 

 

Bodnar in questi anni è stato un osservatore attentissimo di tutto quello che faceva il governo, un messaggero tra l’Ue e la Polonia: denunciava all’Ue tutte le volte che Varsavia veniva meno a qualche direttiva europea. E il terzo fronte delle battaglie di Bodnar, che è un avvocato e professore dell’Università della capitale polacca, è uno di quelli per cui più combatte Bruxelles in queste ultime settimane e riguarda i diritti. Ieri la Commissione ha avviato una procedura di infrazione contro Ungheria e Polonia. Contro Budapest per la discriminatoria  legge anti lgbt. Contro il governo polacco   soprattutto per la creazione delle “zone lgbt free”: città in cui i diritti lgbt non valgono e che il governo ha deciso di finanziare più di altre.

 

Molti polacchi lo hanno ringraziato per il suo lavoro, per l’opposizione è stato un baluardo prezioso contro la deriva antidemocratica del paese e in lui l’Ue ha sempre potuto vedere una garanzia. “Sono preoccupato per il futuro della Polonia che si sta tuffando in un sistema antidemocratico – ha detto Bodnar – ho provato a combatterlo. Preferirei vivere in uno stato in cui la costituzione viene rispettata, piuttosto che lavorare per far emergere le divisioni”. Questa è la tattica su cui sta lavorando chi respinge la Polexit,  effettiva e  dei diritti: dividere i partiti che sono al governo, coltivare e acuire le differenze. Così sono almeno riusciti ad assicurarsi che, dopo Bodnar, il prossimo guardiano della democrazia sarà Marcin Wiacek: una figura di compromesso, indipendente,  non un illiberale. 
 

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)