Come è nato (sorpresa!) e quanto pesa l'embargo americano a Cuba
Il divieto di export risale a John F. Kennedy. Ma le prime schermaglie c'erano state già nel 1960. Fino agli anni '90 Cuba ha retto con i sussidi sovietici, poi grazie all'apertura al turismo internazionale
“Tutta colpa dell’embargo”: lo si ripete anche ora che a Cuba è esplosa la più vasta protesta di piazza dall’inizio del regime castrista. Pure molti critici del regime cubano ritengono l’embargo controproducente perché offre al regime un alibi per difficoltà dovute alla propria inefficienza. In realtà, non sono stati gli Stati Uniti a mettere l’embargo a Cuba perché era diventata comunista, semmai il contrario. Fidel Castro va al potere nel gennaio del 1959, dal 15 al 27 aprile fa un viaggio negli Stati Uniti in cui incontra il vicepresidente Richard Nixon, ma già a maggio vara una prima legge di Riforma agraria che inizia a colpire pesantemente gli interessi statunitensi (Alla fine sarà di un miliardo di dollari il valore di tutte le proprietà americane nazionalizzate senza indennizzo). Dall’ottobre del 1959, Dwight Eisenhower decide che il leader rivoluzionario cubano è un nemico degli interessi statunitensi, e autorizza la Cia ad agire contro di lui.
In effetti è solo dal febbraio del 1960 che, con la visita del vice primo ministro sovietico, Anastas Mikoyan, a offrire crediti e firmare contratti, la nuova alleanza con Mosca viene allo scoperto. Il 29 giugno il governo cubano nazionalizza le raffinerie Texas, Shell ed Esso, che rifiutano di raffinare petrolio sovietico. Eisenhower risponde con un taglio degli aiuti cui Fidel risponde con la nazionalizzazione totale dei beni americani: 6 agosto 1960. Il 19 ottobre 1960 Eisenhower proibisce l’export, eccetto i medicinali e alcuni alimenti. Il 4 settembre 1961 entra in vigore un Foreign Assistance Act con cui il Congresso autorizza il presidente a imporre sanzioni fino a quando il governo cubano non pagherà un indennizzo per le imprese nazionalizzate.
In base a questa legge nel febbraio del 1962 il governo di John F. Kennedy fa partire l’embargo. Ma l’obiettivo è quello di far pagare a Fidel gli indennizzi, non di obbligarlo a indire libere elezioni. Paradossalmente, quel che sembra un avanzo di Guerra fredda voluto da falchi repubblicani viene formalizzato nella sua veste attuale quando la Guerra Fredda è ormai finita, e alla Casa Bianca sta Bill Clinton: il Cuban Democracy Act del 1992 e il Liberty and Democracy Solidarity Act del 1996, quest’ultimo votato in un momento di grande tensione, dopo che l’aviazione cubana ha abbattuto due aerei civili appartenenti al gruppo anticastrista “Brothers to the Rescue”, che cerca di soccorrere i balseros in mare. Quattro i morti, tra cui tre cittadini statunitensi.
Più noto come legge Helms-Burton, porta in effetti l’embargo a nuovi livelli perché non solo si pone l’obiettivo politico di far cadere il regime, ma limita le operazioni commerciali di altri paesi con Cuba. Ormai revocabile solo con autorizzazione del Congresso, dispone il blocco obbligatorio dei visti per chiunque tragga beneficio per beni confiscati a Cuba e consente anche agli americani di origine cubana di citare in giudizio coloro che hanno confiscato le loro proprietà sull'isola. Con Barack Obama furono ritirate le restrizioni ai viaggi, ripresero i voli commerciali, furono allentate alcune sanzioni e Cuba fu rimossa dalla lista di paesi che sostengono il terrorismo. Nel 2015 ripresero anche le relazioni diplomatiche, con la riapertura dell’ambasciata americana all’Avana. Donald Trump ha invece rafforzato l’embargo con sanzioni tra il 2019 e il 2021, limitando i viaggi e rimettendo Cuba nella lista dei paesi che sostengono il terrorismo.
Fino al 1990 un massiccio sussidio sovietico di 100 miliardi di dollari ha più che compensato i danni dell’embargo. In seguito Cuba ha retto grazie all’apertura turistica con capitali spagnoli, alle rimesse, e al nuovo sussidio del Venezuela chavista: 23,2 miliardi di dollari tra 2005 e 2012, più 200.000 barili di petrolio al giorno. Ma adesso anche il Venezuela è stato prosciugato, le rimesse sono state ostacolate da Trump, e il turismo è azzerato dal Covid.
In realtà gli Stati Uniti vendono a Cuba alimentari e medicine. Richiedono, però, che il pagamento sia in contanti. L’embargo ha comunque effetto nel senso che tutte le transazioni finanziarie a Cuba costano molto più del normale. Inoltre molte società, soprattutto francesi, tedesche, messicane e argentine, sono penalizzate da miliardi di dollari per operazioni che non violano le loro leggi interne o leggi internazionali. Secondo i dati 2019 dell’Osservatorio sulla complessità economica del Mit, un export cubano fatto soprattutto da tabacco, zucchero, bevande alcoliche, nichel e zinco va per il 38,2 per cento alla Cina, per il 10,5 alla Spagna, per il 5,44 ai Paesi Bassi, per il 5,37 alla Germania, per il 4,05 a Cipro. L’import, essenzialmente carne di pollo, grano, mais e latte concentrato, arriva per il 19,2 per cento dalla Spagna, per il 15 dalla Cina, per il 6,2 dall’Italia per il 5,4 dal Canada e per il 5,39 dalla Russia.