Assembrati à droite
Il grande ingorgo della destra francese per le presidenziali
Bertrand, Pécresse e gli altri. Ecco i sicuri, le sorprese e i titubanti nella corsa dei Républicains verso l'Eliseo
Parigi. Per l’Express, è “l’estate dei coltelli affilati” della destra francese, altro che la stagione del rassemblement che sembrava possibile dopo il trionfo dei Républicains e degli altri candidati di area gollista alle ultime elezioni regionali. Sono molti ad avere appetiti presidenziali nella droite che fu di Sarkozy, anzi, troppi, secondo gli osservatori, e il rischio di guastare quanto di buono è stato costruito finora, dopo un periodo costellato di scandali e sconfitte, è particolarmente elevato.
Bertrand, Pécresse e gli altri: ecco chi sogna la scalata all'Eliseo
Da una parte ci sono quelli che hanno già ufficializzato la loro candidatura, dall’altra ci sono i titubanti, quelli che ci pensano ogni sera prima di andare a letto, perché l’assenza di un leader carismatico capace di imporsi e di mettere d’accordo tutti ha convinto diversi politici di essere i più idonei per riportare il gollismo all’Eliseo. Del primo gruppo fa parte Xavier Bertrand, 56 anni, il volto moderato e rassicurante della famiglia gollista, appena rieletto alla presidenza della regione Hauts-de-France e con un buon pedigree da ministro di Sarkozy. Nei sondaggi è quello che raccoglie più consensi a destra (tra il 14 e il 18 per cento in vista del primo turno delle presidenziali), ma non ha più la tessera Lr e soprattutto alcuna intenzione di partecipare alle primarie interne che si terranno dopo l’estate. “Hors de question”, risponde a chi gli chiede se potrebbe ripensarci: correrà da solo.
Accanto a Bertrand, c’è Valérie Pécresse, fresca di riconferma al vertice dell’Île-de-France, la regione parigina, che considera un trampolino perfetto per l’Eliseo. “Sono pronta a essere la prima donna presidente della République”, ha detto al Figaro lo scorso 22 luglio, annunciando la sua candidatura. Martedì, a sorpresa, si è aggiunto alla corsa anche Philippe Juvin, sindaco di un piccolo comune in quota Lr e medico onnipresente nei salotti televisivi da quando è scoppiata la pandemia di Covid-19. Dice di essere quello più “connesso alla realtà”, in ragione del doppio abito di dottore e politico locale, e assicura che parteciperà alle primarie, “le elezioni dell’unione e della complementarietà dei candidati”.
Assieme a Pécresse e a Juvin, si sottoporranno allo scrutinio Laurent Wauquiez, ex presidente di Lr e alfiere dell’ala conservatrice, Bruno Retailleau, capogruppo dei senatori gollisti e con posizioni vicine alla Manif pour Tous, e Michel Barnier, l’ex capo negoziatore della Brexit per l’Unione europea. Se Wauquiez e Retailleau non scaldano particolarmente i cuori nell’elettorato gollista, molta più curiosità, invece, desta la candidatura di Barnier. Che non è ancora ufficiale, ma inizia a rafforzarsi. Secondo quanto riportato dal Parisien martedì, il “montagnard” della Savoia è pronto a scalare anche la destra gollista, e infatti ha già lanciato un sito, www.michel-barnier.fr, per dare maggiore visibilità ai suoi programmi per la Francia. Barnier ha creato inoltre un “polo idee”, al cui vertice siedono due figure del settore privato, ma che hanno già un’esperienza politica: Laetitia Puyfaucher, specialista della comunicazione, e l’uomo d’affari Pierre Danon, che ha lavorato per quattro anni accanto a François Fillon. “Ha la statura del capo dello stato”, ha detto Danon.
Del gruppo dei titubanti, fa parte David Lisnard, sindaco gollista di Cannes. A giugno ha lanciato il suo partito, “Nouvelle énergie”, con l’obiettivo di “difendere un progetto di governo” per lottare contro “il declassamento della Francia”. Ma alla luce del traffico di candidati, potrebbe posticipare le sue ambizioni al 2027. Chi invece non parteciperà alle primarie, ma è osservato speciale della galassia gollista, è il giornalista e scrittore Éric Zemmour. Il 15 settembre, secondo le informazioni di Libération, pubblicherà a proprie spese, dopo il divorzio con l’editore Albin Michel, il suo libro-programma: “La France n’a pas dit son dernier mot”. Zemmour vuole trasformare i suoi lettori, tantissimi, in elettori. Per ora, tuttavia, non va oltre il 5,5 per cento nelle intenzioni di voto.
L'editoriale dell'elefantino