Chi è Mark Gitenstein, amico di Biden e nuovo ambasciatore in Ue
“Siamo come parenti”, disse di lui il presidente: un rapporto che dà bene la misura di quanto Biden abbia a cuore i rapporti tra Stati Uniti e Unione europea
C’è un nuovo ambasciatore in città. Si chiama Mark Gitenstein ed è il rappresentante degli Stati Uniti di Joe Biden presso l’Unione europea. Gitenstein arriverà a Bruxelles per ricoprire una carica che era vacante dal febbraio 2020, ossia da quando l’allora presidente Donald Trump aveva licenziato l’ambasciatore Gordon Sondland, reo di aver testimoniato contro di lui durante il primo processo di impeachment (quello relativo alle minacce all’Ucraina).
Ora, un anno e mezzo dopo, Joe Biden ha scelto il suo nuovo ambasciatore e il fatto che la sua scelta sia caduta su Mark Gitenstein non è casuale. Anzi. Ha un importante peso politico, prima ancora che diplomatico. Per comprendere perché, è necessario guardare oltre il curriculum di Gitenstein, ex consigliere della commissione per le nomine giudiziarie al Senato, ex membro del team di transizione Obama-Biden e, soprattutto, ex ambasciatore americano (tra il 2009 e il 2012) in Romania, nei cruciali mesi di integrazione del paese all’interno dell’Ue.
La sostanza della nomina di Gitenstein in Europa però non sta tanto né nelle sue capacità o nella sua esperienza, quanto in un tratto della sua biografia: dagli anno Ottanta è uno dei più stretti amici e collaboratori di Joe Biden. Per avere idea di quanto, basti sapere che, durante una visita ufficiale in Romania nel 2009, l’allora vicepresidente Biden disse al presidente Traian Basescu: “Il nostro ambasciatore in Romania è il mio migliore amico, abbiamo cresciuto i figli l’uno dell’altro, le nostre mogli sono amiche e i miei nipoti considerano i Gitenstein come parenti. Ho un filo diretto con lui. Se c’è qualcosa che non va, prende il telefono e mi chiama”.
Un rapporto così stretto, di parentela più che di amicizia, di fiducia più che di stima, tra il presidente e il suo neo ambasciatore in Europa, dà bene la misura di quanto Biden abbia a cuore i rapporti tra Stati Uniti e Unione europea, tanto da farli gestire a quello che considera quasi un suo doppio. Per Biden, infatti, quella delle relazioni diplomatiche e di alleanza con Bruxelles non è una partita come le altre, ma, probabilmente, quella attorno alla quale si giocherà l’essenza della politica estera della sua Amministrazione. E la ragione non ha a che fare con l’Europa stessa, ma con i rapporti con i nemici di sempre: la Russia, la cui sfera di influenza Biden vuole assolutamente arginare e, soprattutto, la Cina.
Il presidente Biden, infatti, è impegnato in una guerra commerciale e politica con Pechino, e sa bene che non c’è modo né per combattere, né per vincere questa guerra senza avere l’Unione europea al proprio fianco. Al momento però, l’alleanza tra Washington e Bruxelles, che dalla seconda metà del XX secolo è stata talmente solida da sembrare quasi scontata, è molto debole. E non c’entrano soltanto le intemperanze dell’ex presidente Donald Trump, ma ci sono anche ragioni più concrete ed economiche: l’Ue ha molto più bisogno della Cina (del suo export, ma soprattutto del suo import) di quanto ne abbia dell’America. In una dichiarazione a Cnbc, Charles Parton, diplomatico inglese di lungo corso in Oriente, ha spiegato che “Gli europei vedono gli americani molto in conflitto con la Cina e non credono che l’Europa possa permettersi di stare al loro fianco”.
Sulla base di questo gioco di sponda, dunque, ha senso leggere il fatto che Biden abbia inviato a Bruxelles uno dei suoi più fidati amici e alleati e gli abbia affidato due compiti che costituiscono il mantra della sua Amministrazione: “Build back better” e “Heal”. Ricostruire, come prima meglio di prima, e guarire. E soprattutto riportare l’Ue dove Biden vuole che stia, ossia saldamente affacciata sull’Atlantico.