C'è una donna già pronta alla fine della saga zozza di Andrew Cuomo
Da mesi ha preso le distanze da lui, si è dotata di un ufficio stampa indipendente. E poi il fattore gender: la carta di Kathy Hochul, vicegovernatrice dello stato di New York
La scorsa settimana avevamo lasciato il governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, asserragliato nel suo ufficio, deciso a non dimettersi a dispetto del rapporto presentato a Manhattan dal procuratore generale Letitia James, che praticamente ne seppelliva la carriera politica sotto le 165 pagine dell’inchiesta indipendente in cui si attestano le molestie sessuali ai danni di undici donne che ne hanno denunciato la condotta, dopo l’emergere delle prime indiscrezioni dello scorso inverno. All’inizio di questa settimana la situazione è solo peggiorata, rendendo davvero problematica la resistenza di Cuomo, nel tentativo di approdare alle primarie democratiche del prossimo giugno e nella flebile speranza di puntare a un’improbabile rielezione.
Le novità sono tre: la prima riguarda le dimissioni di Melissa DeRosa, numero uno della segreteria di Cuomo, ritenuta responsabile dalla procura di aver coperto la condotta pesantemente inappropriata del suo capo e di aver deliberatamente cercato di delegittimare la credibilità di Lindsay Boylan, la prima ex-dipendente di quell’ufficio ad accusare il governatore di molestie, nello scorso dicembre. Dunque una pasionaria di Cuomo, che cede alla pressione politica e mediatica sullo scandalo e che potrebbe presto giocare un ruolo diverso nell’accerchiamento del governatore in riferimento alle accuse che lo riguardano. La seconda notizia è quella della rivelazione dell’identità della donna che nel rapporto della Jones veniva ancora indicata come “Assistente Esecutiva N.1”. Si chiama Brittany Commisso, 32 anni e – in questa saga che più italoamericana non può essere. Per favore convocate Gay Talese! – era stata assunta nel 2019 come generica segretaria nel solito ufficio del governatorato di Albany, salvo essere immediatamente notata da Cuomo che avrebbe cominciato a rivolgerle apprezzamenti sempre più espliciti (“Se non fossi sposata non sai cosa ti farei”, “Metti in mostra un po’ di gambe”), presto approfittando di ogni occasione per cercare contatti fisici con lei, abbracci e palpeggiamenti inclusi. Come dire che piove sul bagnato e che gli aspetti gossip della vicenda contribuiscono a mantenerla sulle prime pagine, alimentando la divisione dell’opinione pubblica tra colpevolisti e coloro che giudicano Cuomo solo un politico vecchia maniera, arrogante al limite della brutalità, ma altrettanto efficace nel pieno delle sue mansioni.
Ma è la terza notizia quella che potrebbe modificare il corso della storia nel vicino futuro: riguarda la 62enne Kathy Hochul, vicegovernatrice dello stato di New York, destinata a sostituire Cuomo in caso di dimissioni o di impeachment (procedura in via di accelerazione da parte dell’Assemblea dello Stato, tanto più dopo che il presidente Biden ha pubblicamente classificato Cuomo come inadatto a continuare a ricoprire la carica). A questo punto la Hochul è venuta allo scoperto: ha preso tutte le distanze possibili dal governatore, col quale non scambia parola dallo scorso febbraio e dopo che il rapporto è stato reso pubblico ne ha condannato “il comportamento ripugnante e illegale”, limitando le dichiarazioni al riguardo solo perché “i luogotenenti governatori sono i prossimi nella linea di successione e non sarebbe opportuno commentare ulteriormente”.
In realtà da tempo lei è in movimento: da mesi non appare in pubblico al fianco di Cuomo, ha già attivato, con l’efficienza che tutti le riconoscono i suoi uomini per preparare la transizione e per l’acquisizione di tutto il necessario know how e si è dotata di un proprio ufficio stampa indipendente, distaccandosi da quello del governatore. Ai colleghi di partito che la stimano, ha fatto sapere di essere pronta. Pronta, tra l’altro, a giocare la sua carta migliore: quella di diventare la prima governatrice donna nella storia dello stato di New York, ovvero il migliore segnale di discontinuità possibile in un ruolo nel quale a questo punto confluiscono troppe questioni aperte, di tutti i generi e i colori possibili. Perché le mani moleste di Cuomo, oltre che un imbarazzante descrizione di attempato priapismo, sono l’emblema di una vecchia politica del privilegio che il partito democratico deve scrollarsi di dosso.