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Olaf Scholz, un candidato che tira

Daniel Mosseri

Chi ha dato per spacciata l’Spd tedesca ora cerca di calcolare bene “l’effetto" del candidato alla Cancelleria

“Chi scegliereste come cancelliere in un’eventuale elezione diretta?”. Sui giornali tedeschi non si legge altro. La domanda è giustificata dall’imperitura popolarità di Angela Merkel: la cancelliera uscente non si ricandida alle elezioni di settembre ma se lo facesse sbriciolerebbe tanto il suo delfino Armin Laschet, quanto la Kanzlerkandidatin dei Verdi Annalena Baerbock, senza dimenticare il vicecancelliere e ministro delle Finanze uscente che corre per la Spd, Olaf Scholz. Ma se i primi due sono molto lontani dal consenso della cancelliera, a sorpresa, il socialdemocratico è oggi il candidato che “tira” di più. Il merito è della propria forza come dell’inesauribile teoria di passi falsi inanellati dai suoi principali concorrenti, còlti a fare la linguaccia (Laschet) mentre il presidente Frank-Walter Steinmeier commemorava le vittime dell’alluvione, a commettere irregolarità fiscali (Laschet e Baerbock), a scrivere libri scopiazzandone altri (Laschet e Baerbock). “Scholz è apprezzato dai politici e dagli esponenti della classe dirigente ma non è in condizione di migliorare la performance dell’Spd più di tanto”, dice al Foglio Gero Neugebauer, politologo della Freie Universität Berlin e profondo conoscitore del più antico partito politico tedesco.

 

Neugebauer osserva che Scholz, apprezzato quale ex sindaco di Amburgo ieri e come ministro delle Finanze durante la pandemia oggi, soffre di una debolezza: “Il giudizio positivo su di lui non è maggioritario nel partito”. Uomo giusto al posto sbagliato, Scholz interpreta una doppia contraddizione: da un lato è il candidato forte di un sistema allergico a ogni tentazione presidenzialista o populista. Il meccanismo della democrazia rappresentativa messo in piedi nel Dopoguerra sotto l’occhio attento degli Alleati mette il Bundestag al centro di tutto, non certo il voto popolare, tant’è che l’istituto del referendum su scala nazionale non è neppure previsto. Per cui i sondaggi sul candidato più amato danno un’indicazione ma lasciano il tempo che trovano. Secondo ostacolo: Scholz è il migliorista che piace a tutti fuorché ai compagni di partito. “La base lo apprezza”, puntualizza il politologo, “ma tanti dirigenti dell’Spd hanno posizioni diverse dalle sue”.

Non va dimenticato che meno di due anni fa Scholz si candidò per la guida del partito ma fu sconfitto a sorpresa da due semisconosciuti esponenti della sinistra interna, Saskia Esken e Norbert Walter-Borjans, copresidenti dell’Spd. Per Neugebauer non è una questione personale: “Oggi l’Spd non riesce a esprimere posizioni unitarie e se non critica il candidato cancelliere ogni volta che apre bocca è già grasso che cola”. La forza di Scholz, insomma, sarebbe più personale che politica e tanti mal di pancia dell’Spd sono ancora lì da venire.

Secondo i sondaggi gli scenari post elettorali sono tutti aperti: al governo potrebbe andare la Cdu con il sostegno dei Verdi ma non è neppure esclusa una coalizione-semaforo con rossi, verdi e gialli (i liberali). “Un terzo del partito crede nella capacità rigeneratrice dell’opposizione, c’è poi chi si dice governativo ma solo se l’Spd avrà la cancelleria” – richiesta comprensibile dopo aver fatto da spalla per dodici anni ad Angela Merkel – “e un altro terzo  vuole restare al governo comunque vadano le elezioni”. Come è già stato mesi fa con la sua nomina a candidato cancelliere, il ruvido e silenzioso Olaf Scholz dovrà aiutare la Spd a trovare la quadra.
 

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