Una setta trumpiana
Dall’oleandro per curare il Covid alle liti (!) con Fox News. L’operazione di Mr Cuscino, fedelissimo dell'ex presidente
Michael James Lindell, 60 anni, conosciuto come My Pillow Guy, che tradurremo con “Mister Cuscino” (ha fatto i soldi con l’arredamento da camera da letto) è uno che in Trump e nel suo modello ha sempre creduto. Anzi. Origini nel Minnesota profondo e trascorsi da scommettitore seriale, reduce da una lunga dipendenza da crack, Mike Lindell è un prototipo del post trumpismo e l’incarnazione dei guasti, ma anche della mutazione, che il quadriennio di Trump alla Casa Bianca ha innestato nel tessuto sociale americano. Lindell è diventato un ultrà del presidente, ricevendone in cambio segni di benevolenza e qualche incarico minore. Quando nel 2020 le elezioni sono andate male, lui, che nel frattempo aveva stretto una collaborazione con Steve Bannon e aveva trovato il modo di farsi dichiarare persona non grata perfino da Fox News, imbarazzata dai suoi monologhi complottisti (Twitter ha bloccato a vita tutti i suoi account), ha cominciato a muoversi in proprio, investendo quattrini per propagandare la tesi della frode nel voto che ha eletto Joe Biden presidente. I suoi strumenti sono una serie di documentari psuedoscientifici, un social network battezzato “Frank”, apparizioni televisive scapestrate, e il minaccioso annuncio di correre per la poltrona di governatore del Minnesota nel 2022.
Anche in tempo di pandemia, Lindell non s’è perso d’animo, sempre sul filo tra attivista, imbonitore e affarista. Ha smesso d’interpretare gli spot dei suoi prodotti, in cui mugolava abbracciato a un cuscino, avrebbe convertito parte dei suoi stabilimenti alla produzione di mascherine e ha promosso con toni da Wanna Marchi un estratto d’oleandro come cura miracolosa contro il Covid. Per inciso, il 6 gennaio, giorno dell’infausto attacco al Campidoglio, era in città, a due passi dall’assalto, a cui non ha partecipato in prima persona. Perché nel frattempo aveva messo a punto la nuova strategia che ora è il suo cavallo di battaglia: le elezioni sono state falsate dal sistema computerizzato utilizzato per registrare i voti, malignamente impostato per far perdere Trump dal complotto ordito dall’azienda produttrice, la Dominion (che ha querelato Lindell per miliardi di dollari), e oscure potenze straniere guidate dalla Cina. Se volete le prove, Lindell ha faldoni, video, brochure, podcast per sparare numeri, codici e algoritmi a raffica, certificando che l’esistenza del pasticcio si situi oltre ogni possibile dubbio.
Proprio in queste ore è in corso il cybersimposio da lui organizzato nella remota Sioux Falls, South Dakota, nell’ambito del quale si espongono al mondo i risultati delle sue investigazioni. La sera del 12 agosto – garantito – tutti sapranno la verità sul “più grande cybercrimine della storia”, motivo per cui, sostiene Lindell, è lecito ipotizzare le dimissioni di Biden dalla Casa Bianca già per la giornata del 13, domani insomma. Questo genere di attitudini, fino a poco tempo fa giudicate “non americane”, hanno messo radici oltreoceano, tra credenze, scetticismi, ostinazioni che riescono fluidamente a destrutturare la realtà. E’ ormai parte del tessuto americano, o di una porzione di esso, il gusto protervo per l’ignoranza antiscientifica, per il disprezzo e il doppiofondismo di ogni verità. Quest’America – il paese dei Lindell e dei suoi convegni profetici – esiste ed è pronta a sprigionare la propria aggressività: è una cattiva notizia con la quale conviene una volta per tutte venire a patti.