“La presa di Kabul galvanizzerà l'islam radicale”

Giulio Meotti

Intervista a Gilles Kepel. "L'America non è più una superpotenza. Alla scuola dei Talebani mi dissero: 'Li vede questi studenti? Sono coloro che riprenderanno Kabul'"

“E’ un’impressione di già visto, come il crollo americano a Saigon nel 1975”. Parlando con il Foglio, il principale islamologo francese, Gilles Kepel, che ha appena pubblicato in Italia per Feltrinelli “Il ritorno del Profeta”, sulla caduta di Kabul nelle mani dei Talebani parla di un evento epocale. “L’immagine dei marine americani con la bandiera sotto il braccio quando si imbarcano sull’ultimo elicottero trasmette un sentimento, per noi europei, che l’America non è più in grado di far paura a nessuno”, dice Kepel. “I talebani erano appena stati ricevuti a Pechino con grandissimi onori. Il presidente afghano Ghani è fuggito e andrà forse a fare il pizzaiolo negli Stati Uniti. Dopo due decenni, gli americani non sono stati in grado di creare delle élite capaci di capire la situazione afghana. Ricordo un incontro tanti anni fa in Pakistan, alla scuola Haqqani, dove educano i giovani Talebani afghani, in cui il direttore di questa scuola salafita mi ha detto: ‘Vedete questi bambini, loro sono i Talebani che fra qualche anno riconquisteranno Kabul’. E ora siamo qui. La maggioranza di loro ha vent’anni, molti sono stati educati in Pakistan all’islam radicale e l’America non ha capito niente. E’ qualcosa per noi europei, per l’Italia, su cui vale la pena di pensare. Come il patto col diavolo erdoganiano che non è una gran cosa. In Turchia ci sono già grida di esaltazione della vittoria dei Talebani. In Turchia si pubblicano post di trionfo. E’ una cosa molto interessante, l’occidente è stato in grado di distruggere l’Isis con le bombe, perché era un movimento minoritario sul terreno, tornato dall’estero con gli attentati in Europa. L’occidente ha investito molti soldi per distruggere l’Isis”.

 

I Talebani sono diversi. “Sono islamisti e nazionalisti, radicati nelle tribù  e la cosa strana è che le élite formate dagli americani cadono come sono cadute le élite formate dall’Unione Sovietica, urbane, laiche, che non avevano radici nella realtà afghana, fra i contadini, nelle montagne. La visione costruita a Mosca e quella a Washington non ha retto. La maggioranza afghana è tribale e contadina. Questa sconfitta in termini di analisi significa che la forza armata, come la capacità di manipolare Internet, rimane senza conseguenze quando è unita a una mancanza di capacità di capire cosa succede fuori dalla città”.


La vittoria dei Talebani galvanizzerà la Ummah. “Fra i nostri islamisti in Francia sono già tutti entusiasti. Per i Talebani, ‘l’Islam universale vince’, ‘gli infedeli hanno già un piede all’inferno’, per loro è un modo simbolico e dopo vent’anni dalle Torri Gemelle significa molto. L’invasione dell’Afghanistan era una reazione all’attacco dell’11 settembre. Domenica è finito tutto. Al Qaida era ospite dei Talebani. E’ una cosa molto importante, significa che due decenni dopo in cui l’America pensava a questa guerra come la vittoria del modello occidentale sull’islam radicale, non funziona più. Venti anni fa l’America era, per citare il ministro francese del tempo Vedrine, una ‘iper potenza’, oggi non è più così. I Talebani saranno integrati nella Via della seta cinese e penso che la Turchia e altri saranno molto contenti di lavorare con loro”. Poi ci sono le relazioni con l’Iran. “Ha sempre avuto pessimi rapporti con i Talebani, per i quali gli sciiti sono nemici di Dio, peggio di ebrei e cristiani. Questo può paradossalmente indebolire Teheran, che dovrebbe gioire per la caduta americana”. 


Si parla già di un’ondata di profughi  verso l’Europa. “Sì, la povera Europa è il recipiente dei disastri, non ha politica di difesa, né una voce univoca a livello diplomatico. I tedeschi hanno interesse a commerciare con i Talebani, con i turchi e con chiunque sia disposto a comprare. E noi siamo rimasti ad aspettare nuovi flussi di migranti e se rifiutiamo l’ingresso saremo chiamati razzisti e islamofobi, come nel 2015. Entreranno brave persone, ma anche nemici dell’occidente. Nella mia città, a Nizza, un tunisino, arrivato a Lampedusa, ha ucciso tre persone nella basilica. Sarà un problema enorme questo per l’Europa. La ricerca degli interessi immediati da parte di tutti. Abbiamo anche l’illusione che l’ombrello americano di sicurezza duri per sempre”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.