il discorso del presidente

Biden difende il ritiro dall'Afghanistan

Luciana Grosso

 

Il presidente americano durante il suo discorso alla Casa Bianca dice che la missione era conclusa, che gli Stati Uniti non possono combattere una guerra che “gli afghani stessi non sono disposti a combattere”. Il nuovo ruolo (più piccolo) dell’America nel mondo 

Joe Biden se ne va. Dall’Afghanistan e dalla Sala della Casa Bianca. In un caso, lo fa dopo una guerra di vent’anni, nell’altro, dopo un discorso di venti minuti. In un caso, si lascia dietro un paese devastato, nell’altro uno sciame di giornalisti vocianti con le loro domande a metà. In entrambi i casi, Biden se n’è andato senza voltarsi indietro. 

 

Un’immagine che la storia, a un certo punto e con i suoi tempi metabolizzerà, non si sa come.

 

Ma siccome, prima che la storia faccia il suo corso, Joe Biden ci tiene a non passare, adesso, per un cinico senza cuore che volta le spalle a chi lo chiama, ha tenuto il discorso più importante e delicato della sua presidenza fin qui, nel quale in sostanza, dice che il suo mestiere non è proteggere e difendere il popolo afghano, ma quello americano: per questo è stato eletto, questo fa. E dice che le ragioni per cui sul ritiro dall’Afghanistan, costi quel che costi, non ha rimpianti e ripensamenti hanno tutte a che fare con gli americani e con il suo impegno a proteggerli. 

 

La ragione numero uno è che, secondo Biden, gli americani non hanno mai detto di essere andati in Afghanistan per pacificarlo, ma solo per combattere il terrorismo. E quella missione, dice il presidente, è stata compiuta. “La nostra missione in Afghanistan non è mai stata la costruzione di una nazione. Il nostro unico interesse nazionale vitale in Afghanistan rimane oggi quello che è sempre stato: prevenire un attacco terroristico alla patria americana". Fatto questo, la faccenda afghana è finita. 

 

La seconda ragione che Biden porta a sostegno del suo ritiro ha a che fare con la capitolazione e la resa delle forze afghane addestrate dagli americani per quasi vent’anni: “Gli americani non possono combattere una guerra per proteggere gli afghani se gli afghani stessi non sono disposti a combatterla”, dice. "Abbiamo speso oltre un trilione di dollari. Abbiamo addestrato una forza militare afghana di circa 300.000 uomini, incredibilmente ben equipaggiata. Una forza di dimensioni maggiori rispetto alle forze armate di molti dei nostri alleati della Nato. Abbiamo fornito loro tutti gli strumenti di cui potevano aver bisogno. Abbiamo pagato loro stipendi, forniti per il mantenimento della loro forza aerea, cosa che i talebani non hanno. Abbiamo dato loro ogni possibilità di determinare il proprio futuro. Non abbiamo potuto fornire loro la volontà di combattere per quel futuro. Le truppe americane non possono e non devono combattere in una guerra e morire in una guerra che le forze afghane non sono disposte a combattere da sole".

 

Infine, al solito, la convinzione (forse fondata, forse no: impossibile dirlo) di Joe Biden che la guerra sarebbe potuta durare altri cinque, dieci o venti anni e non sarebbe cambiato niente di niente: “Dopo 20 anni, ho imparato a mie spese che non c'è mai un buon momento per ritirare le forze statunitensi. Sono il quarto presidente americano a presiedere la guerra in Afghanistan. Due democratici e due repubblicani. Non passerò questa responsabilità a un quinto presidente. Non ingannerò il popolo americano affermando che solo un po' più di tempo in Afghanistan farà la differenza. Né mi sottrarrò alla mia parte di responsabilità per dove siamo oggi e su come dobbiamo muoverci avanti da qui”.

 

Quanto al fatto che l’Afghanistan, di fatto, precipiterà (anzi: è precipitato) in una dittatura tra le più buie e feroci, specie per le donne, Biden ha detto che l’America farà quello che fa sempre in questi casi: chiederà maggiori diritti. Maggiori protezioni. Farà pressioni. Ma non farà guerre. “Continueremo a sostenere il popolo afghano – ha detto Biden – Continueremo con la nostra diplomazia, la nostra influenza internazionale e il nostro aiuto umanitario, continueremo a spingere per la diplomazia regionale e l'impegno per prevenire la violenza e l'instabilità. Continueremo a parlare a favore dei diritti fondamentali del popolo afghano, delle donne e delle ragazze, proprio come parliamo in tutto il mondo”. 

 

Ma al di là di tutte queste dichiarazioni che, per quanto attese, non aggiungono e non tolgono nulla a quel che già tutto il mondo sapeva o aveva capito, forse, la frase più importante di tutte, Biden, la lascia cadere quasi per caso, più o meno a tre quarti del suo intervento: “Ho sempre promesso al popolo americano che sarei stato sincero con lui”. 

 

E infatti, sincero, al limite della schiettezza, Biden lo è: l’Afghanistan non è più affar suo. Salverà chi può salvare, porterà in America chi potrà portare, e poi la faccenda sarà chiusa. E lo stesso varrà per tutti i posti dove si commettono barbarie e violenze. La guerra in Afghanistan è finita. E pazienza se, invece, è appena cominciata. 

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