L'ultima visita di Merkel a Putin
A Mosca la cancelliera ha difeso uno dei princìpi del suo mandato: bisogna dialogare con la Russia nonostante le differenze. Anche se sono su tutto: Navalny, l’Afghanistan, l'Ucraina. La consapevolezza di non essere mai andati d’accordo per sedici anni
Non è un caso che ieri fosse il 20 agosto e che il 20 agosto Angela Merkel si trovasse a Mosca, di fronte al presidente Vladimir Putin. Un anno fa, l’oppositore russo Alexei Navalny è stato avvelenato con un agente nervino, il Novichok, ha rischiato la vita, è stato curato a Berlino, è tornato in Russia ed è stato arrestato. Adesso si trova in una colonia penale, a Pokrov. Dopo un incontro a porte chiuse di tre ore, a lui, all’oppositore, la cancelliera ha dedicato le sue prime parole in conferenza stampa. Ha detto di essere molto preoccupata, per Navalny, ma anche per lo stato della democrazia in Russia e ha chiesto, ancora una volta, che l’oppositore venga liberato. Non ha tergiversato, è andata dritta al punto. Putin se lo aspettava: era la ventesima e ultima visita della cancelliera a Mosca, i due si conoscono, sono abituati ai modi l’uno dell’altro, alle trappole, alle sicurezze e alle insicurezze. Il loro rapporto è il più longevo, non c’è altro capo di stato che Merkel abbia incontrato così di frequente, e Putin lo ha ricordato, forse pensando che per lui, il momento di lasciare la politica, non arriverà mai. Su Navalny il presidente russo ha detto che non è in prigione per motivi politici, ma come le democrazie occidentali arrestano e tengono sotto controllo i gilet gialli o chi ha assaltato il Congresso a Washington, anche la Russia ha i suoi problemi e “ha già raggiunto il suo limite di rivoluzioni”.
Le differenze tra i due sono tante, sono enormi, la Merkel ha ribadito che “nonostante le controversie”, è importante dialogare con la Russia, anni fa aveva detto che i rapporti non sarebbero migliori né “nascondendo tutto sotto al tappeto” né senza parlarsi. Ieri in conferenza stampa non sono stati d’accordo quasi su nulla. Merkel ha chiesto alla Russia di esercitare la sua influenza con i talebani, ha ammesso i fallimenti, ha detto che vedere l’Afghanistan in questo stato è “frustrante”. Non lo è per Putin che ha approfittato dell’incontro per dire che “la democrazia non si esporta”. Ma queste frasi alla Merkel non interessano, era lì per convincere il presidente russo a partecipare a un G20 ad hoc e per strappargli la promessa di collaborare sulla sicurezza. Neppure la Russia vuole un Afghanistan insicuro, ma è meno attenta ai diritti degli afghani. La cancelliera vuole che la sua Germania non si trovi di fronte a una crisi di migranti durante le elezioni. Putin vuole evitare problemi. Sanno di volere un risultato simile. Non ha funzionato così bene invece quando hanno parlato di Ucraina. Domani la Merkel andrà a Kiev per un colloquio con Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino che si è sentito tradito dalla decisione tedesca e americana di mandare avanti la costruzione del Nord Stream 2, il gasdotto che parte dalla Russia e arriverà in Germania – sul gasdotto Merkel e Putin vanno molto d’accordo. Il Nord Stream 2 è una minaccia per la sicurezza e l’economia dell’Ucraina, dove dal 2014 va avanti una guerra tra l’esercito di Kiev e le truppe filorusse, finanziate da Mosca. Putin ha detto ieri che gli ucraini ormai non vogliono una soluzione pacifica, Merkel sa bene che è soprattutto il Cremlino a non volerla e ormai deve essersi rassegnata all’idea che lascerà la cancelleria senza veder risolta la crisi nel Donbass.
Tra i due è stato un commiato, lui l’ha accolta con il solito mazzo di fiori, lei non ha sorriso mai: la Russia l’ha vista cambiare in sedici anni, peggiorare. E’ un capitolo che si chiude, una relazione fatta di “momenti buoni e terribili”, come ha detto lei. Ora per gli europei sarà complesso avere a che fare con Putin, senza Angela Merkel.