Un Foglio internazionale
Afghanistan, nascita di uno stato fallito
Il fatto che fino a ieri le ragazze potessero vivere la loro vita liberamente è la prova di quanto sia cambiata la mentalità nel paese negli ultimi vent’anni
"C’è un malinteso diffuso secondo cui l’America ha imposto la democrazia in Afghanistan”. Così inizia l’articolo di Shabnam Nasimi, un’attivista afghana-britannica e direttrice dei Conservative Friends of Afghanistan, sullo Spectator. “In realtà gli afghani hanno accolto con favore l’opportunità di vivere in un paese più liberale dopo che i talebani sono stati sconfitti nel 2001. Oggi un’intera generazione di ragazzi è cresciuta con i valori democratici e liberali di stampo occidentale; questo è un gruppo molto nutrito in un paese in cui tre persone su quattro hanno meno di venticinque anni. Questi individui sono nel mirino dei talebani che stanno andando a caccia di politici, intellettuali e chiunque altro viene considerato un portatore dell’identità liberale e occidentale. Ho visto il mio paese cambiare drasticamente negli ultimi vent’anni; ho assistito a una serie di cambiamenti fondamentali nella psiche dei cittadini afghani. All’inizio del 2002 sono rimasta sbalordita quando ho sentito un uomo criticare, per la prima volta, l’allora presidente Hamid Karzai in televisione.
E’ stato un momento di euforia misto a una paura raggelante, dato che mio padre mi raccontava che nei regimi precedenti gli oppositori pubblici ‘scomparivano assieme alle loro famiglie’. Ma non è successo nulla dopo quell’intervista. Al contrario, i media afghani hanno raccontato tutto senza paura, dalle brutalità dei talebani alla corruzione politica, dando ai giovani e alle donne una voce che era stata loro a lungo negata. La vita della mia parente Amina, che oggi ha 38 anni, è stata rivoluzionata quando le restrizioni sul lavoro e lo studio sono state allentate nella città di Kabul. La caduta dei talebani gli ha consentito di terminare gli studi e, avendo lavorato all’Ambasciata turca, ha ricevuto una borsa di studio in Turchia".
"Amina ora insegna inglese in un liceo privato in Afghanistan. Il suo stipendio fornisce un aiuto alla sua famiglia. In una telefonata recente mi ha detto che “durante il governo dei talebani prima del 2001, le donne non erano coinvolte nel processo decisionale. Ora le donne lavorano anche nelle forze di sicurezza, uno sviluppo incredibile. E chi lo avrebbe immaginato che, pur essendo una donna, avrei portato il pane a casa per la mia famiglia. Oggi, il 40 per cento degli studenti in Afghanistan sono donne. Frequentano l’università, praticano gli sport e lavorano – questo significa che molti genitori sono favorevoli all’istruzione femminile. Le donne occupano anche delle posizioni di potere nella politica afghana, dove compongono oltre un quarto dei seggi in Parlamento (una proporzione più alta rispetto agli Stati Uniti).
Il fatto che le donne e le ragazze afghane possano vivere la loro vita liberamente è la prova di quanto sia cambiata la mentalità del paese negli ultimi vent’anni. Prima del 2001, le donne afghane non potevano uscire di casa senza che un uomo le accompagnasse, indipendentemente dal fatto che andassero a studiare o lavorare. In una visita recente in Afghanistan mi sono recata all’università di Kabul dove una giovane donna mi ha detto: ‘Dal 2002 le donne afghane hanno avuto l’opportunità di studiare e lavorare. Siamo grati per la diffusione della mentalità occidentale in Afghanistan. Oggi dobbiamo vivere come cittadini globali, non come paesani’.
Un altro giovane studente che si è laureato alla John F. Kennedy School of Government all’Università di Harvard ha detto: ‘Molti di noi hanno imparato l’inglese... e hanno vinto delle borse di studio alle quali non avremmo mai avuto accesso senza la presenza internazionale in Afghanistan. Siamo cresciuti con i valori liberali e occidentali come i diritti umani, i diritti delle donne e la libertà di stampa’.
Nel novembre 2001, i talebani se ne sono andati via da Kabul, sconfitti dagli attacchi aerei americani e dalle milizie afghane sul territorio. Le donne sono state riprese mentre si strappavano via il burqa. Oggi questo capo d’abbigliamento si è nuovamente diffuso, e dalle regioni controllate dai talebani raccontano che le donne che si avventurano per strada da sole vengono picchiate. E solo pochi giorni fa i talebani hanno sparato a una ventunenne che era fuori senza un uomo e indossava un vestito ‘stretto’. Sarebbe sbagliato credere che la società afghana sia riluttante ad affrancare le riforme democratiche. Prima del 2001, gli afghani erano stretti tra la modernità che accompagna la democrazia e i valori tradizionali che ancora vengono praticati in tutto il paese. Ma gli anziani moriranno, e con loro moriranno anche questi valori tradizionali. Ci vorrà del tempo. Dopo tutto, gli Stati Uniti ci hanno impiegato due secoli a raggiungere il suffragio universale. La lotta tra il cambiamento e le forze conservatrici continuerà, forse per sempre, ma intanto i giovani hanno interiorizzato il senso della libertà.
Le città di Kandahar e Herat sono sotto assedio dai talebani e decine di migliaia di afghani stanno fuggendo dalla loro imminente repressione. Per l’occidente l’abbandono degli afghani in questo momento – che significa costringerli a proteggere i valori occidentali da soli – è una cosa triste. La decisione di ritirare le truppe americane e della Nato è stato un grande errore strategico. Quando è stata presa la decisione c’erano 10 mila militari nel paese: 2.500 erano americani e meno di mille erano britannici. Sono numeri trascurabili. I valori occidentali — i diritti umani, in particolare i diritti delle donne, il diritto all’istruzione e alla libertà di stampa ed espressione – sono tutti imperfetti in Afghanistan. Ma sarebbero decisamente in uno stato peggiore nel caso in cui i talebani ricreassero il loro regime islamista. C’è ancora tempo per evitare una guerra civile – se necessario, senza gli Stati Uniti. Il Regno Unito dovrebbe lasciare 5 mila truppe, sufficienti per sostenere le forze afghane e tenere sotto controllo i talebani. Altrimenti, il paese potrebbe tornare a essere uno stato fallito”.
(Traduzione di Gregorio Sorgi)