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Ragionevoli dubbi su una fuga di massa da Kabul all'Europa

Lorenzo Borga

Gli sfollati si muoveranno in prevalenza verso Iran e Pakistan. Lontani, per l’occidente, i numeri dell’esodo siriano del 2015

L’evacuazione dall’Afghanistan non è ancora terminata e già si inizia a discutere di eventuali “esodi” verso occidente. Il timore di molti, politici sovranisti in testa, è che la crisi di Kabul porti centinaia di migliaia di persone verso l’Europa con un nuovo flusso migratorio pari a quello siriano del 2015 quando arrivarono – diretti soprattutto in Germania – più di un milione di profughi in fuga dalla guerra. Ma la maggior parte degli esperti per ora afferma che è invece probabile che la fuga dal paese si fermi nei paesi limitrofi, in particolare Iran e Pakistan.

Partiamo da un dato: l’Afghanistan ha sempre avuto una storia di emigrazione. Si tratta del terzo paese di provenienza al mondo per numero di rifugiati sparsi nel globo: 2,6 milioni. Un numero che non tiene peraltro conto degli emigrati privi di documenti e di tutele. Solo tra Iran e Pakistan sarebbero, secondo l’Unhcr, circa altri 4 milioni in questa condizione. E’ in questi due paesi infatti che si concentra più del 90 per cento degli afghani all’estero, e dove si stanno dirigendo ora le famiglie in fuga. Secondo la rappresentante in Afghanistan dell’Unhcr sarebbero tra le 20 mila e le 30 mila le persone che stanno uscendo a piedi dal paese ogni settimana.

Ma i movimenti più importanti per ora sono all’interno del paese. Da gennaio a oggi gli sfollati sul territorio afghano sono già aumentati di più di 550 mila unità, raggiungendo in totale 3,5 milioni di persone. E si tratta di dati precedenti alla presa di Kabul (aggiornati al 9 agosto): vedremo dunque se ci sarà un effetto-talebani sui numeri di prossima diffusione. Proprio per questo dalle Nazioni Unite commentano che “non vediamo un gran numero di persone andarsene, al momento, verso Iran o Pakistan, e non ci aspettiamo un gran numero di rifugiati. Lo sfollamento è per ora all’interno del paese”. Teheran da parte sua ha deciso che ospiterà i migranti almeno fino a quando (e soprattutto se) le condizioni di sicurezza non miglioreranno, mentre il Pakistan ha detto che difenderà i suoi confini per evitare l’esodo. Non esisterebbero invece le condizioni per un immediato afflusso di profughi verso occidente. Prima di tutto perché la rotta principale di accesso all’Europa – attraverso l’Iran, la Turchia e infine la Grecia – è oggi più difficile da percorrere che in passato. La Turchia sta terminando la costruzione di un muro lungo 295 chilometri al confine con l’Iran per evitare il passaggio dei migranti. E poi c’è il tanto discusso accordo con l’Unione europea, che ha reso decisamente più difficile attraversare il Mare Egeo, anche per via dei respingimenti (illegali) operati dalla Grecia. “Mentre è molto probabile che un gran numero di afghani avrà bisogno di protezione nei prossimi mesi”, ha affermato Gerald Knaus, il fondatore del think tank European Stability Initiative, “ciò non significherà che la maggior parte delle persone raggiungerà l’Europa”. Non è forse un caso che i migranti che hanno tentato di entrare in Europa illegalmente (anche perché è l’unico modo di arrivarci, al di fuori dei pochi corridoi umanitari) dall’inizio del 2021 secondo la Commissione europea sono stati attorno ai 3.200. Il 41 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

La maggior parte degli afghani potrebbe dunque fermarsi per lunghi periodi in Pakistan e Iran. Con il rischio di non poter godere delle tutele necessarie e di destabilizzare le aree in cui si troveranno. Di questo avviso è anche Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati: “Ogni esodo sarebbe in primo luogo regionale: Pakistan, Iran e forse Tagikistan. In quel caso se gli aiuti a questi paesi non fossero consistenti, allora sarebbe forte il rischio che i movimenti continuino verso l’Europa”. Ma se anche fosse vero – come ha scritto Repubblica – che 250 mila afghani potrebbero arrivare nell’Unione europea (una stima di cui non riporta la fonte e che sembra basata sui flussi passati), si tratterebbe di un numero assai inferiore rispetto all’esodo siriano del 2015.
In quanti arriveranno lo sapremo solo con il tempo. Intanto però possiamo star certi di una cosa: il caso afghano è diverso dagli altri flussi migratori degli ultimi anni. E’ diverso per noi, per l’occidente (mentre per i migranti le sofferenze purtroppo sono le stesse): ci siamo andati noi in Afghanistan, ci siamo rimasti per vent’anni e non siamo riusciti a evitare il ritorno dei talebani al potere. In ogni caso, dunque, questa volta non potremo girarci dall’altra parte.

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