dopo la crisi afghana
"Ora un esercito europeo, guardate Kabul”. Parla il generale Claudio Graziano
“La difesa comune è una priorità. Il vuoto americano deve essere riempito dall’Europa. Serve un esercito accanto alla Nato”, ci dice il presidente del Comitato militare Ue
Il messaggio che in queste ore arriva dall'Afghanistan non ammette repliche o interpretazioni. “Non ci sono alternative. È ormai chiaro che la difesa degli interessi comuni dell'Ue e la sicurezza dei cittadini sono perseguibili solo insieme, esprimendo una singola, autorevole e credibile voce europea, nell'ambito delle storiche relazioni transatlantiche. Se non ora, quando?”. Non usa giri di parole e va dritto al punto il generale Claudio Graziano che dal 2018 è presidente del Comitato militare dell'Unione europea, il massimo organo di difesa comunitario: “Dobbiamo avere la capacità di creare un'Europa assertiva di fronte a scenari come quello afghano, soprattutto nel momento in cui si assiste al disimpegno della Nato”.
Graziano risponde al Foglio a margine della riunione del Comitato politico e di sicurezza, composto dagli ambasciatori degli stati membri a Bruxelles. Proprio nelle ore in cui arrivano da Kabul drammatiche notizie di esplosioni all'aeroporto, una situazione sempre più difficile, che rilancia ancora una volta la necessità di un apparato militare realmente condiviso. “L'esercito europeo è il riferimento per il futuro: dal 2007 l'Ue dispone di due battlegroup, che possono essere impegnati nelle aree di crisi. Può essere vista come un'idea embrionale di esercito. Oggi
l'Europa spende circa 230 miliardi di euro per 180 diversi sistemi d’armi, a fronte dei 30 degli Stati Uniti. Questa frammentazione oltre a non essere più sostenibile, genera una sovrapposizione della spesa continentale compresa tra 25 e 100 miliardi di euro all’anno".
Quale allora il prossimo passo? “Disponiamo delle risorse e degli strumenti. C'è da fare ora un lavoro dal punto di vista politico, ma credo anche che le riserve e gli egoismi di certi stati siano venuti meno. Abbiamo compreso la necessità che l'Ue disponga di strumenti militari”, sottolinea il generale, che conosce bene lo scenario mediorientale. E da molteplici angolature: “L'Afghanistan – racconta – ha rivestito un ruolo centrale nella mia vita. Ho seguito la vicenda sin dagli inizi, da Washington dove avevo assunto l’incarico di addetto militare per l’esercito italiano il giorno primo dell’attentato alle Torri gemelle. Poi a Herat, da capo di stato maggiore della Difesa e nel periodo a Kabul tra il 2005 e il 2006, come comandante della Brigata multinazionale”.
Un osservatorio, a suo modo, privilegiato che permette a Graziano di ricostruire le vicende che hanno portato alla crisi di questi di giorni. E a distinguere cause e responsabilità: “Bisogna essere onesti e riconoscere che abbiamo fallito nel raggiungere le condizioni politiche, ma dal punto di vista militare non credo si possa parlare di fallimento tout court”. Ci spieghi meglio. “Le operazioni militari – continua il presidente del Comitato militare Ue - hanno permesso che l'Afghanistan non fosse più il paradiso dei terroristi, Bin Laden è stato ucciso e la situazione di sicurezza era sotto il controllo delle autorità”. Fino a pochi giorni fa, quando gli Usa hanno deciso di fare un passo indietro, lasciando campo libero all'avanzata talebana. E anche l'Alleanza atlantica nel suo insieme si è mostrata inadeguata. Un fallimento che, tuttavia, nel ragionamento di Graziano, “non è, e non deve essere, la fine della Nato, che non è in discussione e rappresenta la più grande alleanza Militare della storia. Ha contribuito alla difesa collettiva dell’Europa negli ultimi 70 anni. Non c'è dubbio al contempo che s’impone una profonda riflessione su cosa dovrà essere nei prossimi decenni”.
E probabilmente andrà ripensato anche il ruolo della stessa Unione europea, che secondo alcuni osservatori ha mostrato negli anni una certa sudditanza, per lo meno dal punto di vista militare e della politica estera. “Non parlerei di sudditanza. Oggi l'Ue deve perseguire la sua autonomia strategica, che non è indipendenza da qualcuno ma capacità di agire da soli. E se necessario con i partner, in primis la Nato appunto, quando possibile”.
Nel frattempo però a rimetterci è il popolo afghano. Con le operazioni di evacuazione sempre più difficili, se non proprio impossibili, e la scadenza del 31 agosto ormai prossima. Generale, cosa aspettarsi ora? “Abbiamo l'obbligo morale di salvare chi ha rischiato la propria vita per aiutare i militari e diplomatici. Temo però – è il commento amaro e realista, di chi certi scenari li conosce bene – che come già accaduto più volte in questi 20 anni presto si spegneranno le telecamere sull'Afghanistan. Anche se il paese continuerà a essere certamente parte del 'grande gioco' geopolitico. E il fatto che Russia, Cina e Pakistan tengano aperte le ambasciate, intrattenendo colloqui con i talebani, ne è la dimostrazione”.