nel regno unito
Boris Johnson valuta se vaccinare i ragazzi anche senza il "sì" degli esperti
Nel Regno Unito il comitato Jcvi non raccomanda il vaccino tra 12 e 15 anni: “Benefici marginali”, dice. Ma il governo considera anche gli effetti su scuola e salute pubblica
Per i consulenti del comitato congiunto del governo britannico sui vaccini (Jcvi) i ragazzi tra i 12 e i 15 anni di età hanno un rischio così basso di contrarre il Covid che il vaccino offrirebbe loro solo un “beneficio marginale”. Questo in sintesi il motivo della mancata raccomandazione del vaccino per questa fascia d’età. Ricordiamo a ogni modo che il vaccino nel Regno Unito resta approvato dall’ente regolatorio dei farmaci (Mhra) anche per i più giovani e che viene raccomandato per ai più fragili. Il pronunciamento del Jcvi non è comunque un giudizio definitivo. Una volta preso atto di questo parere, è stato chiesto ai quattro direttori sanitari del Regno Unito di prendere una decisione definitiva sul tema prendendo però in considerazione anche altri aspetti trascurati dal Jvci quali, ad esempio, l’impatto sull’attività scolastica e sulla salute psicologica dgli studenti, oltre che i benefici complessivi a livello di salute pubblica derivanti dalla vaccinazione dei circa tre milioni di ragazzi presenti in questa fascia d’età. Questi ultimi aspetti non sono stati infatti presi in considerazione dal Jcvi nella sua analisi. Il ministro alla Salute, Sajid Javid, ha detto che una decisione sarà presa a breve. E, a differenza della posizione mostrata dalla destra italiana, il governo conservatore britannico sembra essere in forte pressing per ottenere il via libera ad allargare la campagna vaccinale anche a questa fascia d’età.
Ma vediamo i motivi che hanno portato al semaforo rosso da parte del Jcvi. Come dicevamo, non c’è stata nessuna bocciatura dei vaccini. Il comitato ha anzi sottolineato nel suo parere come “i benefici della vaccinazione siano marginalmente maggiori dei potenziali danni noti”, ma ha riconosciuto come al contempo esista “un’incertezza riguardo all’entità dei potenziali danni”. Da qui la decisione, dal momento che il Jcvi sottolinea come “in relazione ai programmi di immunizzazione infantile, il pubblico del Regno Unito attribuisce un valore relativo più elevato alla sicurezza rispetto ai benefici”. I rischi richiamati sono quelli noti riguardanti le possibili miocarditi come conseguenza delle somministrazioni di vaccini a mRna. Un fenomeno raro: come spiegato nel parere degli esperti britannici, “i dati disponibili indicano che le manifestazioni cliniche della miocardite a seguito della vaccinazione sono tipicamente autolimitanti e si risolvono in breve tempo”. Tuttavia, “la prognosi a medio-lungo termine, compresa la possibilità di persistenza del danno tissutale derivante da infiammazione, è attualmente incerta”, e si preferisce dunque attendere ulteriori dati.
Il “no” da parte del Jcvi è quindi momentaneo e precauzionale e, come dicevamo, non prende in considerazione altri aspetti, invitando ad approfondimenti ad hoc sul ruolo benefico che queste vaccinazioni potrebbero avere sia in ambito scolastico che per la società in una prospettiva di salute pubblica. Già oggi però il comitato chiede di estendere la raccomandazione del ricorso al vaccino contro il Covid per quei ragazzi a rischio, di età compresa tra 12 e 15 anni, con le seguenti condizioni cliniche: tumori del sangue, anemia falciforme, diabete di tipo 1, cardiopatia congenita. Si spiega inoltre che il vaccino dovrebbe essere offerto anche ai bambini con asma scarsamente controllato e altre condizioni respiratorie che possono causare gravi malattie da Covid. Un gruppo di 150 mila bambini con condizioni come neurodisabilità gravi, sindrome di Down e sistema immunitario gravemente indebolito, così come quelli che vivono con adulti vulnerabili, sono già oggi vaccinabili.
L’impressione è che, data la posizione pro vaccini del governo di Boris Johnson, alla fine anche nel Regno Unito la campagna vaccinale verrà estesa anche per la fascia d’età più giovane, allineando così il paese alle altre nazioni occidentali. Già oggi, infatti, i 12-15 enni vengono vaccinati negli Stati Uniti, in Israele, Italia, Francia, Spagna e Germania, solo per citarne alcuni dei paesi più grandi. Una decisione di questo tipo toglierebbe l’ultimo appiglio (l’eccezione britannica) rimasto alla nostrana retorica sovranista sulla presunta “pericolosità” dei vaccini per i più giovani.