Più volte nella sua carriera Angela Merkel si è ritrovata a rispondere alla domanda: sei femminista? È più facile per te perché sei donna o al contrario è tutto più difficile? Ha sempre risposto, più o meno, evitando di andare al fondo della questione. Il magazine della Zeit ha pubblicato all’inizio di agosto un lungo e meraviglioso articolo dal titolo “Dopo di lei”, in cui le autrici cercano di capire che cosa lascia in eredità alle donne la prima cancelliera della storia tedesca. All’inizio citano una frase che sintetizza il pensiero della Merkel sul tema: “Ho l’impressione che il fatto che io sia una donna non sia di grande importanza per molti, e non lo è nemmeno per me: mi conosco soltanto come donna”. E’ anche per questa granitica riluttanza che all’incontro di Düsseldorf mercoledì sera, la scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie, sul palco con la Merkel, ha gridato di gioia quando la cancelliera ha detto: “Sono stata reticente in passato, ma oggi la questione è più ragionata e in questo senso dovremmo tutti essere femministi”, che è lo slogan di questo secolo. Parlando poi con i giornalisti la Merkel ha circostanziato la sua posizione, provando a dare senso al suo tentativo di essere un’icona del femminismo senza rivendicazioni, lamentele, accuse, dichiarazioni di “girl power”: “Essenzialmente, stiamo parlando del fatto che donne e uomini sono uguali, in termini di partecipazione e vita sociale. In questo senso posso dirlo: sì, sono una femminista”.
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