"Penso che faresti meglio ad alzarti dal letto”, disse una voce al mio orecchio sinistro, “il World Trade Center è in fiamme”. Ero rimasto fuori fino a tardi, al mio ritorno avevamo litigato e avevo dormito sul divano, vestito, il che è stato una benedizione, perché nel giro di trenta secondi eravamo entrambi giù all’angolo del mio isolato, a fissare il fumo nero che usciva dalle Torri gemelle. Mentre la maggior parte delle persone fuggiva, noi camminavamo verso le torri in fiamme a passo spedito. Poi, proprio mentre attraversavamo Grand Street, accadde l’impensabile: in quello che sembrava un lento movimento, la torre sud si staccò da se stessa, e precipitò. Ci mettemmo a correre verso l’unica ormai rimasta in piedi e in fiamme, la torre nord. Qualcosa di forte mi spinse verso di essa, con la speranza di entrarci. A sud di Chambers Street, un cordone di polizia bloccava la strada, mentre una folla di persone si allontanava dalla polvere grigia opaca che si spargeva ovunque. Non tutta la polvere era di quel colore: guardando in alto, abbiamo visto quelle che sembravano mosche lanciarsi a mezz’aria dai piani superiori, senza pensare di capire cosa fossero. “Cercate gli schizzi di polvere rosa”, disse un collega del Wall Street Journal, “che colpiscono il suolo come insetti sul parabrezza di un’auto”.
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