Doppio binario
Paillettes e djellaba, calcio e moschee. La diplomazia del Qatar in Francia, e oltre
Secondo un'inchiesta dell'Express sono ventidue i progetti di moschee e scuole coraniche finanziate da Doha in Francia. Oltre a essere il ponte tra talebani e occidente, “i qatarioti cercano di diventare i portavoce dell’opinione araba”
Parigi. “Come l’islam, anche il Qatar poggia su cinque pilastri: il gas, la rete televisiva Al Jazeera, il calcio, la presenza militare americana sul proprio territorio e la diplomazia”, scrive il settimanale Express nel suo ultimo numero, in un’inchiesta sulla monarchia musulmana che si è guadagnata il soprannome di “Svizzera dei paesi del Golfo”. Oggi è la principale intermediaria tra i talebani e le grandi potenza occidentali per la questione afghana, ma in Francia sta portando avanti un doppio gioco che desta una certa preoccupazione. L’Express l’ha ribattezzata “diplomazia paillettes e djellaba”: da una parte il Paris Saint-Germain, la squadra di calcio della capitale guidata da Nasser al-Khelaïfi, arma di persuasione di massa a suon di acquisti milionari, Neymar, Mbappé e, ovviamente, Messi; dall’altra il “soft power” delle moschee e dei centri culturali islamici, finanziati per diffondere surrettiziamente l’ideologia dei Fratelli musulmani (il Qatar protegge il predicatore Youssef al Qaradawi, maître à penser dell’organizzazione fondata in Egitto nel 1928). Il primo business, quello del calcio, che non è solo legato al Psg, ma anche al network di canali sportivi beIN Sports, è vistoso, luccicante; il secondo è invece un’operazione discreta, quasi segreta, portata avanti in sordina, ma altrettanto efficace per allargare la propria sfera d’influenza e accattivarsi i consensi della nutrita comunità islamica francese.
Secondo quanto riportato dal settimanale parigino, ventidue progetti di moschee e scuole coraniche sono finanziati da Doha in Francia, e il centro islamico An-nour di Mulhouse, uno dei più vasti d’Europa (10mila metri quadrati), ha ricevuto 14 milioni di euro dall’emirato guidato dalla famiglia al Thani. Oltre a essere il ponte tra talebani e occidente, “i qatarioti cercano di diventare i portavoce dell’opinione araba”, ha detto all’Express un ex funzionario del ministero della Difesa francese, Pierre Conesa. E l’ideologia frériste è utilizzata come cavallo di Troia. “I qatarioti non sono dei Fratelli musulmani, ma hanno visto nell’investimento sull’ideologia dei Fratelli un’opportunità per diventare i padroni del mondo arabo”, ha spiegato Bertrand Besancenot, ambasciatore francese a Doha tra il 1998 e il 2002. Un modo per proporre un contro-modello rispetto al proprio vicino saudita, promotore di un islam wahabita ultrarigorista che ha messo al bando l’organizzazione di al Qaradawi, ma anche per sedurre i giovani musulmani delle banlieue europee, a partire da quelle francesi. Tariq Ramadan, l’islamologo svizzero nipote di Hassan al Banna, fondatore dei Fratelli musulmani, riceveva 35mila euro al mese dal Qatar per le sue attività accademiche e le sue conferenze in giro per l’Europa. I pagamenti, tuttavia, si sarebbero fermati prima della sua incriminazione per stupro, perché il Qatar tiene molto alla sua immagine, soprattutto ora che è al centro delle discussioni geopolitiche dopo la caduta di Kabul nelle mani dei talebani e si prepara ad accogliere i Mondiali di calcio del 2022.
Ma cosa cerca in particolare in terra esagonale? Il prestigio, racconta l’Express, attraverso gli hotel di lusso (il Carlton a Cannes, il Royal Monceau a Parigi), le quote in Total (petrolio), Lagardère (media) e il Psg, ma anche la protezione di un alleato potente come Emmanuel Macron per pesare sui tavoli internazionali. Ad agosto, il Qatar ha fatto costruire in pochi giorni un nuovo ospedale e nuovi alloggi per accogliere i 55mila rifugiati arrivati dall’Afghanistan (più del 40 per cento delle evacuazioni da Kabul sono passate dal Qatar). Un impegno che è stato salutato da una pioggia di ringraziamenti, sia da parte dell’inquilino dell’Eliseo, sia da parte del presidente americano Joe Biden. Ma a Parigi, parallelamente ai miliardi sborsati per il calcio, Doha indottrina i giovani musulmani con una retorica antioccidentale attraverso collettivi contro l’islamofobia e media come AJ+. Paillettes e djellaba, i due volti del Qatar in Francia.