L'America che conosco. Il gran discorso di George W. Bush
Il terrorismo interno è pericoloso come quello esterno e l’America è nobile quando è unita. Le parole dell'ex presidente contro la politica del risentimento che rende irriconoscibile il suo paese
Pubblichiamo il discorso che l’ex presidente americano, George W. Bush, ha pronunciato per il ventennale dell’11 settembre al memoriale del Flight 93 di Shanksville, Pennsylvania.
Grazie mille. Mia moglie Laura e io siamo onorati di essere qui con voi. Vent’anni fa abbiamo tutti scoperto – in modi diversi, in luoghi diversi, ma nello stesso momento – che le nostre vite sarebbero cambiate per sempre.
Nel mondo si sentiva il rumore delle sirene e del massacro, e poi il silenzio delle voci perdute che non avremmo mai più riascoltato. Queste vite restano preziose per il nostro paese, ed estremamente preziose per molti di voi. Oggi ricordiamo la vostra perdita, condividiamo il vostro lutto, e onoriamo gli uomini e le donne che avete amato così a lungo e così bene. E’ difficile descrivere il misto di sentimenti che abbiamo provato a coloro che sono troppo giovani per ricordare quella limpida giornata di settembre. Abbiamo espresso orrore per le proporzioni di quella distruzione, e ammirazione per il coraggio e la gentilezza con cui è stata affrontata. Abbiamo provato un grande choc dinanzi all’audacia del male, e gratitudine per l’eroismo e la dignità che le sono state contrapposte. Nel sacrifico dei primi soccorritori, nel soccorso reciproco tra sconosciuti, nella solidarietà del dolore e della grazia, le azioni di un nemico hanno rivelato lo spirito di un popolo. E siamo stati fieri della nostra nazione ferita.
I passeggeri e l’equipaggio del volo 93 meritano un posto speciale in questi ricordi. In questo caso le vittime designate sono diventate uno strumento di salvezza. E molti di quelli che sono vivi oggi hanno un debito grande e inconscio verso la resistenza mostrata nei cieli che sovrastano questo campo. Sarebbe un errore idealizzare l’esperienza di quegli eventi terribili. Tutto ciò che molta gente ha visto inizialmente era solamente la casualità bestiale della morte. Tutto ciò che molta gente ha sentito era una sofferenza immeritata. Tutto ciò che molti hanno udito era il silenzio terribile di Dio. Molti ancora fanno fatica a gestire il dolore solitario che è penetrato nel profondo. In quelle ore fatidiche, abbiamo anche imparato altre lezioni. Abbiamo visto che gli americani erano vulnerabili, ma non fragili, e che possedevano una forza intrinseca che sopravvive a tutto il peggio che la vita può offrire. Abbiamo imparato che il coraggio è più diffuso di quanto non immaginassimo, e che viene fuori con uno splendore improvviso quando vede di fronte a sé la morte. Abbiamo sentito in modo vivido come ogni ora con i nostri cari fosse un dono santo e temporaneo. E abbiamo scoperto che anche le giornate più lunghe poi finiscono.
Molti di noi hanno cercato un senso spirituale a questi eventi. Non esiste una spiegazione semplice per il misto di provvidenza e volontà umana che determina la direzione delle nostre vite. Ma il conforto può venire da una consapevolezza diversa. Dopo aver vagato a lungo nell’oscurità, molti hanno scoperto che in realtà stavano camminando, passo dopo passo, verso la grazia. Come nazione, gli aggiustamenti al nostro stile di vita sono stati profondi. Molti americani hanno faticato a capire perché un nemico potesse odiarci con una simile convinzione. Le misure di sicurezza che abbiamo introdotto nelle nostre vite sono allo stesso tempo fonte di conforto e un ricordo della nostra vulnerabilità. E abbiamo visto che i pericoli per il nostro paese possono arrivare non solo dall’esterno, ma anche dalla violenza che si sviluppa al suo interno. C’è poca affinità culturale tra gli estremisti violenti all’estero e gli estremisti violenti a casa. Ma nel loro disprezzo per il pluralismo, nella loro indifferenza verso la vita umana, nella loro determinazione a inquinare i simboli nazionali, loro sono figli dello stesso spirito maligno. Il nostro dovere è continuare a combatterli.
Dopo l’11 settembre, milioni di americani coraggiosi si sono fatti avanti e si sono offerti come volontari delle forze armate. Le misure militari prese negli ultimi vent’anni per combattere i pericoli alle loro radici hanno generato grande dibattito. Ma una cosa è certa. Devo fare una promessa a tutti coloro che hanno combattuto le battaglie più recenti del nostro paese. Fatemi parlare direttamente ai veterani e alle persone in divisa: la causa che voi avete perseguito nell’ora del bisogno è la più nobile che l’America possa offrire. Avete protetto i cittadini dal pericolo. Avete difeso le idee del vostro paese e promosso i diritti degli emarginati. Siete stati il volto della speranza e della pietà in luoghi oscuri. Avete fatto del bene a tutto il mondo. Nulla di tutto ciò che ne è seguito – nulla – può infangare o diminuire i vostri sforzi. Il nostro paese sarà per sempre riconoscente a voi, ai morti con onore. Nelle settimane e nei mesi successivi agli attacchi dell’11 settembre sono stato fiero di guidare un gruppo di persone resilienti, sorprendenti e unite.
Quando parliamo dell’unità dell’America, quei giorni sembrano quanto mai distanti da oggi. Nella nostra vita di tutti i giorni, è all’opera una forza maligna che trasforma ogni disaccordo in una discussione, e ogni discussione in uno scontro di civiltà. Troppa della nostra politica si rivolge in modo plateale alla rabbia, alla paura e al risentimento. Questo alimenta le preoccupazioni sulla nostra nazione e sul nostro futuro insieme. Io non offrirò né spiegazioni né soluzioni. Posso solamente dirvi ciò che ho visto.
Nel giorno del dolore e del lutto, ho visto milioni di persone stringere istintivamente il braccio del loro vicino e dedicarsi alla causa del prossimo. Questa è l’America che conosco. In un tempo in cui la bigotteria religiosa si sarebbe potuta diffondere liberamente, ho visto americani respingere il pregiudizio e abbracciare persone di fede musulmana. Questa è la nazione che conosco. In un tempo in cui il nativismo avrebbe potuto alimentare l’odio e la violenza contro persone percepite come estranee alla comunità, ho visto gli americani dare il benvenuto agli immigrati e ai rifugiati. Questa è la nazione che conosco. In un tempo in cui alcuni vedevano la nuova generazione come individualista e decadente, ho visto giovani dedicarsi a un’etica del servizio all’altruismo. Questa è la nazione che conosco. Questa non è semplice nostalgia; è la versione più genuina di noi stessi. E’ ciò che siamo stati, e ciò che possiamo essere di nuovo. Vent’anni fa i terroristi hanno scelto un gruppo casuale di americani, che si trovavano su un volo come tanti altri, per diventare il danno collaterale di un atto terroristico spettacolare. I trentatré passeggeri e sette membri dell’equipaggio del volo 93 avrebbero potuto essere cittadini qualunque scelti dal fato. In questo senso, hanno rappresentato tutti noi. I terroristi hanno presto scoperto che un gruppo di americani è un gruppo di persone eccezionali. Di fronte a una circostanza impossibile, hanno confortato i loro cari al telefono, si sono motivati a vicenda, e hanno neutralizzato un disegno mostruoso.
Questi americani sono stati coraggiosi, forti e uniti in un modo che ha scioccato i terroristi, ma che non dovrebbe sorprendere nessuno di noi. Questa è la nazione che conosciamo. E ogni qualvolta cerchiamo speranza e ispirazione, possiamo guardare al cielo e ricordare.
God bless.
(traduzione di Gregorio Sorgi)