L'occasione dei Grünen

Annalena Baerbock aveva l'arma del cambiamento dalla sua parte ma non l'ha usata bene

Paola Peduzzi

La leader dei Verdi non era ancora nata quando il partito fu fondato nel 1980 a Karlsruhe, ma ama citare la storia del suo partito e gli aneddoti. Quando è stata nominata candidata alla cancelleria ad aprile, ricevette moltissimi applausi. Poi l'incantesimo si è spezzato

L’attimo in cui Annalena Baerbock era il candidato da battere è svanito in fretta, ma alla leader dei Verdi tedeschi che corre per la cancelleria al voto del 26 settembre è restata comunque un’arma: è l’unica che può parlare di cambiamento. E naturalmente non perde occasione per farlo: “Volete sempre la stessa cosa, una grande coalizione tra la Cdu e la Spd, e non importa se il cancelliere è Armin Laschet o Olaf Scholz, oppure volete davvero un nuovo inizio, un governo che sia verde e che sia quello per cui stiamo combattendo tutti i giorni?”, ha detto a un recente comizio. Il cambiamento rispetto all’assetto sperimentato negli anni di Angela Merkel è questo, ma nel corso della campagna elettorale si sono modificati i contendenti: all’inizio i Grünen hanno vagheggiato la possibilità di arrivare alla cancelleria, ora sperano di essere partner di coalizione, magari ago della bilancia, ambìto ruolo che si litigano con i Liberali. 


Buona parte di questo scivolamento viene considerata responsabilità di Annalena Baerbock. Quarant’anni, al Bundestag dal 2013, la Baerbock non era ancora nata quando i Verdi tedeschi furono fondati, nel 1980 a Karlsruhe, ma ama citare la storia del suo partito, gli aneddoti, le campagne che sono cresciute e cambiate assieme a  lei. Quando è stata nominata candidata alla cancelleria ad aprile, ricevette moltissimi applausi: il suo coleader, Robert Habeck, era considerato molto bravo e molto carismatico, ma lei  sembrava il candidato naturale, giovane e donna. E in più non c’erano state liti e fratture (o non si erano viste), quindi questa armonia aveva contribuito all’attimo in cui i Verdi erano al 25 per cento dei consensi, davanti agli altri, con quel volto sorridente ad accompagnare i sogni del partito verde più pragmatico e più governativo d’Europa. Poi l’incantesimo si è spezzato, la Baerbock è stata accusata di plagio, ma non è stato tanto il piccolo scandalo a penalizzarla quanto l’immagine di inesperienza che ha proiettato: gli attacchi sono stati molto duri, come capita al candidato da battere, ma lei non ne ha parati molti. Ha perso dieci punti percentuali, è rimasta a insidiare la Spd, che negli anni s’è vista rosicchiare parte dell’elettorato, soprattutto urbano e istruito, dai Grünen, ma poi Olaf Scholz ha iniziato una rimonta non prevista e così oggi la Baerbock spera di poter far parte di una coalizione di governo. Che è l’ambizione dei Verdi da sempre e che quest’anno è sostenuta da un buon consenso che garantisce un potere negoziale non indifferente. Ma ecco, la cancelliera verde era un’altra cosa. 


Nel frattempo sono cambiate anche altre cose. L’ipotesi di un’alleanza con la Spd e con la Linke, la sinistra più radicale, è molto chiacchierata e altrettanto criticata: scapperanno gli investitori, dicono i detrattori, si tradisce il desiderio di stabilità e continuità dei tedeschi. L’aumento dei prezzi dell’energia che sta coinvolgendo tutta l’Europa rappresenta un altro problema: si sta diffondendo molto l’idea che il Green deal, la proiezione continentale del programma ecologista, sia più costoso di quel che sembri e che di conseguenza i partiti verdi siano più estremi di come si vendono. I liberali guidati da Christian Lindner  ne approfittano e cercano di far dimenticare che l’interpretazione tedesca del pensiero verde è ben più moderata che altrove, e ha esperienza di governo in alcune regioni, dove ha trovato un equilibrio fra transizione ecologica e sicurezza economica. E’ forse su questo che avrebbe potuto puntare la Baerbock, strappando voti al grande centro  lasciato dalla Merkel, che va oltre i giovani e le città.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi